L’ACE (Aiuto alla Crescita Economica) è stato istituito con l’art. 1, D.L. n. 201/2011 per poi essere soppresso dalla legge di Bilancio 2019 (art. 1, comma 1080) in quanto, nell’idea del Legislatore, doveva essere sostituito dalla nuova mini-IRES. Poi però, con modalità tipiche della legislazione italiana, la novità non ha fatto in tempo ad entrare in vigore perché abrogata prima ancora di entrare in vigore. Conseguentemente, con l’art. 1, comma 287, lettera b), della legge di Bilancio 2020, si è avuta l’abrogazione della soppressione e l’ACE ha, per così dire, ripreso vitalità e con esso le particolari norme dedicate alla gestione delle eventuali eccedenze di tale agevolazione. In sintesi, l’ACE non è altro che il riconoscimento di un abbattimento del reddito imponibile in misura pari al rendimento riconosciuto agli incrementi di patrimonio netto realizzati dal contribuente sia con apporti di capitale che con rinuncia alla distribuzione degli utili. Si tratta, quindi, di una deduzione dal reddito d’impresa che viene quantificata nel quadro RS delle dichiarazioni dei redditi (PF, SC e SP) per poi essere riportata nei quadri RF o RN delle medesime. Per far ciò, si moltiplica l’incremento subito dal patrimonio netto dell’impresa per la percentuale di redditività stabilita dalla legge la quale, per il 2019, è pari all’1,3%. Tuttavia, se il reddito prodotto è inferiore all’importo dell’ACE spettante, si forma un’eccedenza che può essere riportata a nuovo e utilizzata negli anni successivi. Per aumentare le possibilità di sfruttamento delle quote di ACE maturate di anno in anno, l’art. 19, comma 1, lettera b), D.L. n. 91/2014 ha previsto che, a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014, tali eccedenze possano essere convertite in un credito di imposta utilizzabile per pagare l’IRAP. La conversione avviene moltiplicando l’eccedenza di ACE per le aliquote IRPEF o IRES, è irrevocabile, non essendo possibile trasformare nuovamente in ACE il credito di imposta IRAP e può riguardare anche solo una parte dell’eccedenza maturata. Il credito di imposta va utilizzato obbligatoriamente in 5 quote annuali di pari importo. Le concrete modalità per il calcolo, lo sfruttamento e la gestione del credito di imposta IRAP sono contenute nella circolare n. 21/E/2015 e richiamate dalle istruzioni per la compilazione della sezione XIII del quadro IS del modello IRAP 2020. Riassumendo: l’ACE viene calcolato nella dichiarazione dei redditi e, in tale contesto, utilizzato per ridurre il reddito d’impresa ivi esposto. Se, però, si forma un’eccedenza, il contribuente valuta se riportarla a nuovo o convertirla in credito di imposta IRAP. Se viene fatta quest’ultima scelta, occorre compilare la sezione XIII del quadro IS del modello IRAP e poi riportare nel rigo IR22 la quota di questo che si intende utilizzare per ridurre l’imposta da versare. Va subito notato che il credito IRAP derivante dall’ACE non si compensa nel modello F24 ma si sfrutta direttamente nel quadro IR e, quindi, il suo utilizzo non richiede la verifica del rispetto dei tetti di compensazione annui (generale di 700.000 euro o specifico, per i crediti da agevolazioni esposti nel quadro RU di 250.000) non essendo possibile usarlo per pagare altre imposte in compensazione orizzontale. Poiché, come anticipato, il credito di imposta ACE non può essere utilizzato integralmente al momento della sua formazione, ma va ripartito in 5 quote annuali di pari importo, si pone il problema del monitoraggio di tali utilizzi e della gestione delle eventuali eccedenze: a ciò provvede la sezione XIII del quadro IS. L’Agenzia delle Entrate ha infatti dovuto tener conto della possibilità che, in teoria, ogni anno possa generarsi un’eccedenza di credito da riportare a nuovo (i 4/5 dell’importo totale). In tale ipotesi limite, l’ammontare complessivo di ciascun credito generato viene memorizzato nel rigo IS85 e, in ciascun anno, è possibile sfruttare un quinto del totale degli importi esposti nelle 5 colonne di tale rigo. Nel successivo rigo IS86 vanno riportate, invece, le eccedenze non utilizzate in relazione a ciascun singolo periodo di imposta. Un esempio Facciamo un esempio: se nel 2019 si è formato un credito di 5.000 euro, l’importo sfruttabile è pari ad 1/5 e cioè a 1.000 euro. Tuttavia, se l’IRAP a debito del rigo IR21 fosse pari a 500 euro, e quindi inferiore a tale importo, si formerebbe un’eccedenza pari alla differenza tra 1.000, importo spettante, e 500, importo sfruttato, che andrebbe riportata nel rigo IS86. Nel 2020, diverrebbe possibile sfruttare il secondo quinto del credito maturato nel 2019, sempre pari a 1.000, ma se questa volta l’IRAP a debito fosse di 800 euro, si avrebbe la formazione di una nuova eccedenza di 200 euro che andrebbe sommata a quella del 2019, 500 euro, e riportata nel rigo IS86, per un importo complessivo di 700 euro (500 per il 2019 + 200 per il 2020) e così via fino al completamento del quinquennio. Da notare, che secondo la circolare n. 21/E/2015, e come, peraltro, richiamato dalle istruzioni per la compilazione della sezione XIII del quadro IS: “[...] l’utilizzo dei residui indicati nel rigo IS87 è consentito solo allo scadere del quinquennio di utilizzo dei crediti maturati per le singole annualità”. Per meglio comprendere il significato di tale affermazione, si supponga di avere maturato un credito IRAP per il 2018 di 10.000 euro e uno per il 2019 di 5.000 euro ma che il credito sfruttabile nel 2018, 2.000 euro (10.000/5), sia stato utilizzato solo per 500 euro, con conseguente formazione di un’eccedenza di 1.500 euro che il contribuente avrebbe memorizzato nella colonna 5 del rigo IS87 del modello IRAP 2019. Nel 2019, il credito utilizzabile sarebbe pari a 3.000 euro (2000 euro corrispondenti al secondo quinto del 2018 e 1.000 euro relativi al primo quinto del 2019). Ma se l’IRAP dovuta ammontasse a 3.500 euro, non si potrebbero ancora usare 1.500 euro avanzati nel 2018, potendosi compensare solo 3.000 euro corrispondenti ad 1/5 dei crediti memorizzati nel rigo IS85. Tale situazione comporterebbe, pertanto, la necessità di versare comunque, per il 2019, un’IRAP di 500 euro. I crediti residui riferiti a ciascuno dei 4 periodi di imposta anteriori a quello di dichiarazione, vengono riportati nel rigo IS87. Con la dichiarazione IRAP per il 2019, modello IRAP 2020, debutta, però, il nuovo rigo IS88 in cui, per la prima volta, è possibile riportare le eccedenze maturate nel 2014 e memorizzate nella prima colonna del rigo IS87 del modello IRAP 2019. Il 2019 è, difatti, il primo anno in cui si può iniziare a sfruttare tali eccedenze essendosi concluso il quinquennio previsto dalla circolare n. 21/E/2015. Sono previste due caselle: la colonna 1, dove si riporta l’eccedenza maturata, e la colonna 2 in cui si evidenzia l’eventuale residuo di tale eccedenza laddove la stessa non dovesse essere integralmente consumata per abbattere l’IRAP dovuta per l’anno 2019. Quanto sopra, permette di evidenziare come i buoni intenti del Legislatore, tesi ad offrire ai contribuenti un mezzo in più per sfruttare le eccedenze di ACE non utilizzate nell’ambito delle dichiarazioni dei redditi, si siano, in concreto, tradotti in un complicatissimo meccanismo che richiede non pochi calcoli per conoscere, di anno in anno, l’ammontare del credito IRAP che può essere sfruttato, specie quando tali crediti si formano in più periodi di imposta. Ciò è diretta conseguenza dell’obbligo di ripartire il credito IRAP in 5 anni e rinviare l’utilizzo delle eccedenze pregresse al termine del quinquennio di ripartizione.