Alienabili le terre di proprietà privata gravate da usi civici

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 119 depositata il 15 giugno 2023, ha dichiarato incostituzionale l’art. 3 comma 3 della L. 168/2017 (“Norme in materia di domini collettivi”), nella parte in cui non esclude dal regime di inalienabilità (che riguarda ad esempio i beni che costituiscono demanio civico), i beni oggetto di proprietà privata su cui insistono usi civici, per violazione dell’art. 3 Cost. (che sancisce il diritto di uguaglianza) e dell’art. 42 Cost. (che sancisce il diritto alla proprietà privata). La sentenza prende le mosse da un attento excursus della disciplina recata dalla L. 168/2017, che ha riformato la materia dei “domini collettivi”, ponendo particolare attenzione anche al suo coordinamento con la pregressa normativa, in particolare con la L. 1766/1927 che aveva operato il “riordinamento degli usi civici del Regno”. Per quanto qui interessa, è sufficiente sapere che queste normative agiscono allo scopo di “valorizzare le numerose forme, molteplici e diverse di godimento di un bene fondiario da parte dei membri di una comunità in virtù del loro collegamento con l’ambiente col paesaggio” (Corte Cost. n. 228/2021) e, in questo contesto, tanto la normativa previgente, quanto quella attuale, distinguono due tipologie di diritti (da utilizzare allo scopo di consentire il perseguimento delle predette finalità): - i c.d. “iura in re aliena”, ovvero i diritti su beni altrui, cui appartengono gli usi civici che gravano sulla proprietà privata; - i c.d. “iura in re propria”, ovvero i diritti su beni propri (della collettività), in cui rientra il demanio civico. Nello specifico, l’art. 3 comma 1 della L. 168/2017 individua quali “beni collettivi” sei tipologie di beni immobili, dei quali, alcuni costituiscono il “patrimonio civico” o “demanio civico” e sono dunque di proprietà della collettività (iura in re propria), mentre la categoria indicata la lettera d) si riferisce alle “terre di proprietà di soggetti pubblici o privati sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati iura in re aliena”. Anche con riferimento a questa tipologia di “beni collettivi”, la nuova normativa (art. 3 comma 3 della L. 168/2017) prevede che resti il regime “dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale”. Sebbene la scelta del verbo “restare” suggerisca la permanenza di tale regime rispetto al passato, in realtà, nella previgente disciplina (a differenza di quanto affermato dall’Avvocato generale dello Stato), il regime di inalienabilità era riservato solo al demanio civico e non riguardava la proprietà privata; pertanto, secondo la Corte Costituzionale non è possibile, alla luce del chiaro dato testuale, interpretare la norma attuale nel senso che “la proprietà privata” gravata da usi civici non ancora liquidati “possa ancora dopo l’introduzione della legge 168 del 2017 liberamente circolare”. Tanto premesso, la Corte Costituzionale ritiene che tale disciplina, dove prevede l’inalienabilità della proprietà privata gravata da usi civici, non sia compatibile con gli artt. 3 e 42 della Costituzione. Infatti, sebbene “l’esigenza sottesa alla disciplina degli usi civici di preservare i profili dell’ambiente e del paesaggio a beneficio di interessi generali che si protendono anche verso le generazioni future” senza dubbio evochi “una finalità idonea a plasmare la proprietà privata al fine di renderla coerente con la funzione sociale”, ciò non di meno, la misura dell’inalienabilità prevista dal legislatore del 2017 appare affetta da “illogicità incoerenza e intrinseca irragionevolezza oltre che sproporzione rispetto all’obiettivo prefissato”. Infatti – spiega la Corte – grazie ai “tratti propri della realità”, gli usi civici sono dotati dell’inerenza, dello ius sequelae e, tra gli altri, anche di assolutezza e opponibilità verso tutti. Per questi motivi gli usi civici sono del tutto indifferenti alla circolazione del diritto di proprietà: essi seguono il fondo chiunque ne diventi “titolare grazie all’inerenza e i componenti della collettività continuano a poter esercitare tutte le facoltà che gli usi civici conferiscono loro essendo il diritto immediatamente opponibile a chiunque”. Inoltre, la L. 168/2017, nell’ottica di tutelare i diritti collettivi/di comunità, di cui si è detto, ha valorizzato lo strumento del vincolo paesaggistico, che, tra l’altro, permane sulla proprietà privata anche dopo la liberazione dagli usi civici. In conclusione il fatto che gli usi civici si trasferiscano con il fondo, nonché il vincolo paesaggistico che grava su di esso, garantiscono che chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo degli usi civici. Alla luce di questi elementi il Giudice delle leggi conclude che “l’inalienabilità della proprietà privata gravata da usi civici non ancora liquidati non presenti alcuna ragionevole connessione logica con la conservazione degli stessi e per il loro tramite con la tutela dell’interesse paesistico - ambientale” e, di conseguenza, sancisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 comma 3 della L. 168/2017, ove la prevede, limitatamente ai diritti di cui all’art. 3 comma 1 lett. d).

Concordato preventivo biennale: in un video le istruzioni per l’uso

Decreto salva casa: nuovi requisiti di abitabilità

Concordato preventivo forfetari: aggiornato il software

Via libera al Decreto Agricoltura: le misure approvate

Decreto Salva Casa: le novità in arrivo

Influencer inquadrabile come agente di commercio

Carta Dedicata a te: destinatari, requisiti e misura

Decreto Coesione in Gazzetta Ufficiale, le novità in arrivo

Disabili: come cambia la legge 104 dal 30 giugno

Alienabili le terre di proprietà privata gravate da usi civici

La previsione della inalienabilità delle terre di proprietà privata gravate da usi civici, introdotta dalla legge n. 168/2017, è in contrasto con la Costituzione

Newsletter

Articoli correlati