Il cessionario al quale sia stata fatturata Iva superiore a quella dovuta ha diritto di chiedere la restituzione dell'eccedenza indebita direttamente all'amministrazione finanziaria qualora non possa ottenerla dal fornitore, anche al di fuori dell'ipotesi di insolvenza di quest'ultimo, sempreché non sussistano frode o evasione. Questo, in sintesi, quanto si desume dalla sentenza 7 settembre 2023, C-453/22, della Corte di giustizia Ue. IL FATTO La controversia principale era stata promossa da un agricoltore tedesco che aveva detratto l'Iva del 19% addebitatagli dal fornitore sulla cessione di legname. A seguito di una sentenza che aveva invece stabilito nel 7% l'aliquota d'imposta sull'operazione, l'ufficio fiscale aveva contestato l'indebita detrazione dell'eccedenza d'imposta all'agricoltore, il quale, una volta soddisfatta la pretesa del fisco, aveva poi richiesto al fornitore la restituzione dell'eccedenza indebitamente fatturatagli. Avendo però il fornitore rifiutato tale restituzione, a motivo dell'intervenuta prescrizione in base al diritto civile nazionale, l'agricoltore presentava la domanda di rimborso all'amministrazione finanziaria, che però la rigettava imputando all'interessato la responsabilità della situazione. Il giudice nazionale investito della lite decideva di interpellare la Corte di giustizia per sapere se la direttiva e i principi di neutralità ed effettività dovessero intendersi nel senso che impongono che il cessionario faccia valere direttamente nei confronti dell'amministrazione il diritto al rimborso dell'Iva indebitamente fatturata dal fornitore e da quest'ultimo versata all'erario, nonché dei relativi interessi, in circostanze in cui, in assenza di una frode, un abuso o una negligenza, da un lato, egli non può più pretendere tale rimborso dal fornitore a causa della prescrizione e, dall'altro, vi è la possibilità che il fornitore, successivamente, rettifichi le fatture originarie e pretenda dal fisco il rimborso dell'eccedenza. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Esaminando la questione, la Corte ricorda che, in mancanza di disposizioni nella direttiva, spetta agli stati membri disciplinare il rimborso dell'Iva indebita, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Rammenta, poi, di avere riconosciuto conforme al diritto dell'Ue una normativa secondo cui, da un lato, il fornitore del bene può chiederne al fisco il rimborso dell'Iva indebitamente versata e, dall'altro, l'acquirente può esercitare un'azione civilistica di ripetizione dell'indebito nei confronti del fornitore; se però tale ripetizione risulta impossibile o eccessivamente difficile, “segnatamente” in caso d'insolvenza del fornitore, gli stati membri devono consentire all'acquirente di richiedere il rimborso direttamente al fisco. Questi diritti vanno tuttavia negati se risulta che sono invocati in modo fraudolento o abusivo; di contro, sarebbe sproporzionata una sanzione di diniego assoluto del diritto al rimborso dell'Iva indebita qualora non sussistano frodi o danni per l'erario, anche in caso di negligenza del contribuente. Venendo alla fattispecie, ad avviso della Corte non rispetta i richiamati principi la normativa che neghi al cessionario il rimborso dell'Iva indebitamente fatturatagli, qualora egli non possa ottenerne il rimborso dal fornitore in ragione della prescrizione che questi fa valere secondo il diritto nazionale, senza che gli sia addebita frode, abuso o comprovata negligenza. La Corte puntualizza poi che l'insolvenza del fornitore, come emerge dall'uso dell'avverbio “segnatamente” nelle precedenti sentenze, è solo una delle possibili circostanze che legittimano il cessionario a rivolgere la domanda di rimborso al fisco. Quanto al rischio che il fornitore, successivamente, richieda all'amministrazione la restituzione dell'eccedenza da questa già rimborsata al cessionario, la Corte osserva che tale rischio non sussiste in quanto una siffatta pretesa del fornitore dovrebbe essere rigettata perché integrerebbe un abuso di diritto. La Corte, infine, ribadisce che qualora il contribuente non ottenga dal fisco il rimborso dell'imposta indebitamente versata in un termine ragionevole, ha diritto anche al pagamento degli interessi di mora.