Nel disegno di legge in materia di lavoro approvata nel Consiglio dei Ministri del 1° maggio unitamente al decreto-legge n. 48/2023, contiene diverse previsioni interessanti. Una fra tutte è contenuta nell’articolo 26, titolato “Modifiche in materia di dimissioni” con l’introduzione del nuovo comma n.7-bis all’articolo 26 del decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, che recita: “in caso di assenza ingiustificata protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a cinque giorni, il rapporto si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina di cui al presente articolo”. Con questa previsione si pone fine ad un comportamento diffuso, perpetrato purtroppo da molti lavoratori, che consiste nello “sparire” dal posto di lavoro per poter essere licenziati dal datore di lavoro, ancorché per giusta causa, al fine di percepire l’indennità NASpI. Alcuni lavoratori, dopo aver comunicato verbalmente al datore di lavoro la volontà di dimettersi, sul punto di effettuare la comunicazione obbligatoria on-line delle dimissioni, resi edotti dalla possibilità di poter essere licenziati per G.C. e percepire il sostegno, improvvisamente cambiavano idea rendendosi irreperibili. In tali situazioni al datore di lavoro non restava che contestare l’assenza ingiustificata mediante l’accensione del procedimento disciplinare che restava lettera morta, fino ad irrogare il licenziamento disciplinare pagando il ticket licenziamento e dando così al lavoratore diritto a percepire beatamente il sussidio. Solo in pochi casi alcuni datori di lavoro temerari, continuavano a contestare ripetutamente la mancata formalizzazione delle dimissioni secondo le modalità previste per legge e, raramente, il lavoratore si arrendeva confermando la volontà di rescindere volontariamente il contratto. Per ovviare a questa strumentalizzazione delle dimissioni volontarie travestite da licenziamento per G.C., la bozza di D.D.L. prevede quindi che, qualora l’assenza ingiustificata si protragga per oltre 5 giorni, il lavoratore possa essere automaticamente considerato dimissionario. La previsione è di assoluta giustizia sociale, ma comporta qualche difficoltà tecnica di applicazione. In primo luogo, per essere ingiustificata, l’assenza dovrebbe essere comunque evidenziata, ovvero contestata. Di fatto si è praticamente obbligati a mettere in atto un procedimento disciplinare, salvo poi tramutarne la conclusione da licenziamento a dimissioni per facta concludentia. Inoltre, poiché nella bozza si parla genericamente di 5 giorni, se fossero intesi continuativi, il furbetto di turno potrebbe assentarsi per 4 giorni, poi rientrare, per poi assentarsi ancora, facendosi beffe della previsione normativa. Sarà quindi importante che il testo definitivo circoscriva al meglio la modalità di valutazione di queste giornate di assenza, per evitare che i soliti disonesti possano approfittare dell’ambiguità della norma.