I soggetti che agiscono in nome e per conto delle associazioni non riconosciute sono chiamati a rispondere solidalmente con le stesse se, in forza del ruolo rivestito, abbiano diretto la complessiva gestione associativa nel periodo in cui sono sorti i debiti dei quali si chiede il pagamento. È a carico dell’Ufficio, che invochi la sussistenza dei presupposti di tale responsabilità, il relativo onere probatorio, che non si assolve con la sola dimostrazione della mera titolarità, in capo al contribuente, della rappresentanza dell’associazione. Questi i principi sanciti dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1489 depositata il 21 gennaio 2019. IL FATTO L’Ufficio accertava, per il periodo d’imposta 2009, l’omesso versamento di ritenute fiscali per compensi erogati a terzi da parte di un’associazione non riconosciuta, ingiungendo il relativo pagamento non solo a quest’ultima, ma anche a due soci e membri del Consiglio direttivo. L’atto impositivo nei confronti di questi ultimi era basato sulla responsabilità solidale ex art. 38 c.c., in quanto l’Agenzia riteneva che detti contribuenti avessero agito in nome e per conto dell’associazione. Le due persone fisiche proponevano quindi ricorso eccependo sostanzialmente la loro carenza di legittimazione passiva, ma la CTP lo rigettava. Proposto appello, lo stesso veniva accolto dalla CTR, la quale riteneva che non fosse stata fornita la prova del fatto che i comportamenti omissivi contestati fossero stati effettivamente posti in essere dai due contribuenti, basandosi la pretesa erariale sulla sola sussistenza di un incarico direttivo gestionale degli stessi nell’ambito dell’ente. L’Ufficio impugnava tale decisione, eccependo che per le associazioni non riconosciute rispondono dei debiti anche i soggetti che, come nella specie, in forza del ruolo rivestito avevano diretto la complessiva gestione associativa nel periodo oggetto della contestazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Ufficio, condannandolo anche alle spese di lite. La responsabilità solidale di chi agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza della stessa, ma all’effettiva attività svolta per conto di essa dalla quale deriva la formazione di rapporti obbligatori con i terzi. Ebbene, l’onere della prova della sussistenza di tale fondamentale circostanza grava su chi invoca in giudizio tale responsabilità solidale, con la specificazione che non è sufficiente a tal fine dimostrare l’esistenza della sola carica rivestita all’interno dell’ente da parte del presunto coobbligato. Nella specie, precisa la Suprema Corte, sebbene l’appartenenza dei due contribuenti al Consiglio direttivo dell’associazione potesse indurre a ritenere che gli stessi avessero concorso a decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori per l’associazione, era comunque necessaria una prova in tal senso da parte dell’Ufficio, cosa che però non era stata fatta. Come correttamente rilevato dalla CTR, infatti, dagli atti di causa risultava che i contribuenti avevano partecipato ad una sola riunione del Consiglio direttivo nel 2009, avente peraltro ad oggetto esclusivamente l’approvazione del rendiconto dell’anno precedente. Pertanto non solo non risultava un’effettiva permanenza dei soggetti in questione nella carica per tutto il 2009, anno a cui si riferiva l’accertamento, ma nemmeno un’ulteriore loro partecipazione ad altre riunioni nel corso di tale anno, le quali peraltro avrebbero dovuto vere ad oggetto la relativa gestione per tale periodo d’imposta. Da qui il rigetto del ricorso dell’Ufficio.