L'avvocato che lavora in uno studio associato è tenuto a versare l'Irap. La sola circostanza di operare in team è una presunzione grave, sufficiente e concordante per dimostrare che l'imposta sia dovuta in quanto il professionista finisce per interagire con altri colleghi. Lo precisa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 19962 del 24 luglio 2019. Semmai - si legge nel provvedimento - se l'avvocato avesse voluto non versare l'imposta era suo onere dimostrare in base a quale criterio fosse esentato. IL FATTO Alla base della sentenza una vicenda che aveva visto protagonista in prima battuta l'avvocato e poi i suoi eredi contro il versamento dell'imposta. L'elemento che desta qualche perplessità è rappresentato dai giudici della Ctr Campania che hanno dato ragione al professionista. Quello che non si comprende è, infatti, in base a quale disposizione normativa avessero ravvisato la non debenza del tributo. Contro questa sentenza hanno proposto ricorso le Entrate. In particolare è stata dedotta violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 del Dlgs 446/1997 in quanto la Ctr non aveva tenuto in conto l'elemento emergente dalla dichiarazione consistente nella partecipazione del contribuente a uno studio professionale. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Cassazione ha accolto l l'appello del Fisco dichiarando che in tema di Irap l'esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l'applicazione dell'imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell'autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire prova contraria, avente a oggetto non l'assenza dell'autonoma organizzazione nell'esercizio in forma associata, ma l'insussistenza dell'esercizio in forma associata dell'attività stessa. Nel caso concreto - si legge nell'ordinanza - è incontestato che negli anni oggetto della pretesa il contribuente avesse percepito redditi di partecipazione in uno studio legale di cui era socio nella misura del 30 per cento negli anni tra il 2008 e il 2011. Spettava al contribuente dimostrare lo svolgimento di attività del tutto estranea a quella dello studio associato, funzionalmente scollegata da essa, non interferente in alcun modo con la medesima e neppure dalla stessa direttamente o indirettamente agevolata e se lo stesso beneficiasse dell'apparato organizzativo dell'associazione. Concludono i Supremi giudici che la Ctr non ha esaminato tali circostanza, a tanto provvederà il giudice del rinvio.