L'avvocato, dipendente presso il Mef, non può espletare altre funzioni senza chiedere la preventiva autorizzazione in quanto rischia il licenziamento. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 11949 del 7 maggio 2019. La Corte - alla luce dei diversi incarichi ricevuti dall'avvocato in pendenza di rapporto di lavoro subordinato - ha ravvisato la presenza della proporzione tra il comportamento e la misura lavorativa di rescissione del rapporto. In particolare la Corte ha richiamato la decisione della Corte territoriale che ha fatto corretta applicazione dei principi nella formulazione del giudizio di gravità della condotta e di proporzionalità della sanzione espulsiva. I giudici di merito avevano formulato il giudizio di gravità della condotta addebitata al ricorrente valutando gli aspetti oggettivi e soggettivi della condotta, evidenziando il numero degli incarichi retribuiti svolti in assenza di autorizzazione, la plurioffensività della condotta che violava il codice di comportamento ex Dpr 28 novembre 2000 e del codice etico del Mef, e ha evidenziato, con accertamento in fatto non idoneamente censurato dal ricorrente, che quest'ultimo svolgesse funzioni sensibili. La Cassazione, infine chiarisce quello che è il dovere del dirigente statale. Quest'ultimo deve conformare la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa anteponendo sempre il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri e altrui.