Agenzia delle Entrate - Risposta n. 135 del 20 maggio 2020 Il conferimento di partecipazioni detenute da due persone fisiche in una società che ha in portafoglio azioni proprie non integra in capo alla conferitaria una situazione di controllo preesistente e consente quindi l'applicazione del regime del realizzo controllato ai sensi dell'articolo 177, comma 2 del Tuir. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 135 del 20 maggio 2020. L'articolo 177, comma 2 appena citato prevede che "Le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di una società ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, n. 1, del codice civile ovvero incrementa, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento". La norma, applicabile anche ai soggetti privati non imprenditori (in conseguenza della modificazione introdotta dall'articolo 12, comma 4, lettera 1-bis del d.lgs. 18 novembre 2005, n. 247), disciplina l'ipotesi di conferimento a "realizzo controllato", attraverso cui la società conferitaria acquisisce ovvero integra, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, il controllo di diritto, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, numero 1), del codice civile, della società le cui partecipazioni sono conferite. La predetta disposizione non delinea un regime di neutralità fiscale delle operazioni di conferimento ivi regolate, bensì prevede un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento, ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente (c.d. "regime a realizzo controllato"). In presenza dei presupposti delineati dal comma 2 dell'articolo 177 del TUIR, il valore di realizzo delle partecipazioni oggetto di conferimento non viene determinato ai sensi dell'articolo 9 del TUIR, bensì in base all'aumento di patrimonio netto contabile; ne consegue che i riflessi reddituali dell'operazione di conferimento in capo al soggetto conferente sono strettamente collegati al comportamento contabile adottato dalla società conferitaria. Con circolare n. 33/E del 14 giugno 2010 si è precisato che l'aumento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria - connesso, a sua volta, al valore di iscrizione della partecipazione oggetto di conferimento da parte della società conferitaria medesima - per un ammontare superiore al valore fiscalmente riconosciuto, in capo al conferente, della partecipazione conferita, comporta per quest'ultimo l'emersione di una plusvalenza pari alla differenza tra il valore della partecipazione iscritto dalla conferitaria, riconducibile al conferimento, e l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita. Applicando tale criterio può, quindi, non emergere una plusvalenza imponibile qualora il valore di iscrizione della partecipazione e, pertanto, l'incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria (riconducibile al conferimento), risulti pari all'ultimo valore pari fiscale - presso il conferente - della partecipazione conferita (c.d. "neutralità indotta"). Il regime di neutralità fiscale di cui all'articolo 177 comma 2 del TUIR, si riferisce peraltro alle sole operazioni produttive di plusvalenze, restando esclusi dall'ambito di applicazione della norma i conferimenti "minusvalenti". In mancanza nella norma di un esplicito riferimento alla determinazione delle minusvalenze, occorre rifarsi al principio generale e ritenere realizzate e fiscalmente riconosciute solo le minusvalenze determinate ai sensi del citato articolo 9 del TUIR (cfr. risoluzione n. 38/E del 2012). Tanto premesso, ai fini dell'applicazione della disposizione citata occorre che, per effetto dei conferimenti eseguiti, la società conferitaria acquisisca il controllo della società scambiata, ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, n. 1, del codice civile, ovvero incrementi, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, la percentuale di controllo, dovendo valutarsi tale requisito in capo alla società conferitaria. Il regime di "realizzo controllato" non è fruibile invece laddove la conferitaria detenga già una partecipazione di controllo nella società conferita, alla quale verrebbero ad aggiungersi le nuove partecipazioni conferite, salva la neutralità degli incrementi operati in virtù di un obbligo legale o vincolo statutario. IL QUESITO Ciò posto, il dubbio interpretativo sollevato nel caso esaminato dall'Agenzia afferisce alla valutazione del requisito del controllo ex articolo 2359 comma 1 n. 1) del codice civile ai fini dell'accesso al regime di realizzo controllato ex articolo 177 comma 2 del TUIR in presenza di azioni proprie della società oggetto di scambio. Segnatamente, emergono incertezze in ordine al 'peso' che le azioni proprie - connotate dalla sospensione del diritto di voto - assumono, ai fini dell'integrazione del requisito del controllo, in una situazione ante conferimento contraddistinta dalla detenzione da parte di BETA S.r.l. del 47 per cento delle partecipazioni di DELTA S.p.A, e dal possesso da parte di quest'ultima del 28 per cento delle azioni proprie. La mancata considerazione delle stesse ai fini del quorum previsto per la costituzione dell'assemblea e le deliberazioni assembleari favorirebbe la "concentrazione" del controllo in capo agli altri detentori di partecipazioni, tra cui la società conferitaria, che diverrebbe titolare di una partecipazione già di per sé di controllo. LA RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE Al riguardo, l'Agenzia osserva che la disciplina civilistica delle azioni proprie è recata dall'articolo 2357-ter del codice civile, come modificato dal decreto legislativo 29 novembre 2010, n. 224, il quale stabilisce al comma 1 che "Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il computo delle azioni proprie è disciplinato dall'articolo 2368, terzo comma". In base alle previsioni contenute in tale ultima norma, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, le azioni proprie sono incluse nel computo del quorum costitutivo ed escluse dal quorum deliberativo. Diversamente, nelle società per azioni che non ricorrono al mercato del capitale di rischio - quale quella di specie - le azioni proprie devono essere conteggiate nel calcolo sia dei quorum assembleari costitutivi che di quelli deliberativi. Con sentenza n. 23950 del 2 ottobre 2018, la Corte di Cassazione, in sede di commento alla menzionata disciplina, ha inteso il termine «maggioranze» "ai fini deliberativi ... come prevalenza dei voti favorevoli, derivante dal rapporto, o frazione matematica, il cui numeratore è dato dai voti di approvazione della proposta (nel loro valore nominale rappresentativo) e il denominatore dalle azioni presenti (escluse quelle che la legge sottrae al medesimo ed incluse quelle che la legge impone siano considerate) ... la piana interpretazione della norma conduce quindi al computo, in ogni caso al denominatore delle azioni proprie". Ciò posto, considerato che il vincolo di controllo ex articolo 2359 comma 1, n. 1) del codice civile, deriva dalla spettanza ad una società della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria, il computo nel quorum deliberativo dei voti sospesi riferibili alle azioni proprie detenute dalla società conferita, comporta che la società conferitaria nella situazione prospettata - ante conferimento - non detiene il controllo di diritto della società conferita. Tale controllo verrebbe invece acquisito per effetto del conferimento con un unico atto delle partecipazioni detenute dalle persone fisiche, con conseguente applicabilità del regime di cui al comma 2 dell'articolo 177 del Tuir.