Bancarotta semplice e non fraudolenta per l'amministratore della società se le omissioni nelle scritture contabili riguardano periodi limitati, e potrebbero essere solo il risultato di una trascuratezza e non della volontà di rendere non ricostruibile il patrimonio e il movimento di affari. Senza la prova della coscienza del danno ai creditori e delle conseguenze della condotta non si può far scattare la fattispecie più grave della bancarotta fraudolenta. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26613 del 17 giugno 2019, accoglie, sul punto, il ricorso dell'amministratrice e legale rappresentante di una Srl, condannata in appello a una pena di 2 anni e 4 mesi per bancarotta fraudolenta documentale. Una pena comminata per non aver consentito di ricostruire il patrimonio e il movimento di affari, compilando il libro assemblee senza rispettare l'ordine cronologico, aggiornando il libro bilancio solo parzialmente tralasciando gli esercizi successivi e il libro giornale in maniera confusa. La ricorrente era stata però assolta dai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di truffa ed esercizio abusivo di attività finanziaria: circostanze, anche queste, che avevano giocato a suo favore rendendo più stringente la necessità di provare la fraudolenta della condotta. Contro di lei aveva invece pesato la sua irreperibilità. La Cassazione annulla il verdetto con rinvio. La Suprema corte ricorda, infatti, che la responsabilità dell'amministratore non può essere basata sul solo stato delle scritture contabili non tale da rendere possibile le ricostruzioni. Nello specifico le “carenze” sulla tenuta dei libri erano contenute in limiti temporali ristretti e non era provato, anche grazie all'esclusione degli altri reati contestati, l'elemento psicologico del dolo che avrebbe permesso di configurare la fattispecie più grave. Né è rilevante l'irreperibilità visto che l'amministratrice aveva consegnato le scritture contabili al curatore.