Il bonus investimenti nelle aree svantaggiate sussiste anche se i beni devoluti alla zona svantaggiata siano lavorati in territori in cui l'agevolazione non è presente. Ciò che conta è che poi la devoluzione effettiva e finale dei beni sia presso l'area svantaggiata. Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23218 del 18 settembre 2019. Nel caso specifico la società aveva rilevato che l'attività produttiva era stata individuata in Sicilia, e quindi la circostanza che ci fosse stato un momentaneo appalto a un'azienda in Lombardia non poteva integrare la causa di decadenza costituita dalla destinazione di dette attrezzature a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione. La finalità della norma, infatti, è che il bonus vada a migliorare effettivamente la zona svantaggiata e questo può avvenire anche se i luoghi in cui viene data esecuzione agli appalti si trovino in altro ambito territoriale. Da evidenziare che per assicurare uno stabile ed effettivo collegamento tra l'agevolazione fiscale e le sue ragioni giustificative, il legislatore ha introdotto disposizioni di natura antielusiva contingentando temporalmente l'entrata in funzione dei beni oggetto dell'agevolazione (entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione) e disponendone la destinazione alle strutture produttive che hanno dato origine all'agevolazione. «Il credito d'imposta così deve essere rideterminato nel caso di tardiva entrata in funzione (oltre il secondo periodo d'imposta) dei beni strumentali oggetto di investimento ovvero qualora detti beni "entro il quinto periodo d'imposta successivo quello nel quale sono entrati in funzione" siano stati destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione».