Le prestazioni rese da una casa di cura non convenzionata non sono esenti da Iva. Lo precisa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9218 del 3 aprile 2019. IL FATTO La Corte si è trovata alle prese con una vicenda in cui i precedenti giudici della Commissione tributaria regionale avevano riconosciuto il beneficio sulle prestazioni in funzione della semplice elencazione prevista dall'articolo 10, n. 18 del Dpr 633/1972. Il tutto, però, senza riflettere se l'azienda sanitaria fosse o meno di lucro e in convenzione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE I Supremi giudici richiamano quanto specificato dalla sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: Base imponibile (77/388/Cee) la quale, all'articolo 13. Parte A), n. 1 prevede l'esonero dall'imposta per l'ospedalizzazione e le cure mediche nonché le operazioni a esse strettamente connesse, assicurate da organismi di diritto pubblico oppure a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti. Nel caso concreto viene fatto riferimento a un novero di prestazioni accessorie rispetto alla cura del paziente offerte dagli istituti di cura, quali ad esempio, quelle di ricovero e di vitto in casa di degenza e se ne subordina l'esenzione alla natura pubblica o comunque, non lucrativa dell'istituto medesimo ovvero in caso di soggetto con scopo di lucro, al previo convenzionamento. Per concludere la Commissione regionale, nel riconoscere l'esenzione dall'imposta a tutte le prestazioni sanitarie prese in considerazione dall'atto impositivo rese dalla contribuente, società lucrativa non in regime di convenzione, ivi incluse quelle per la degenza dei pazienti, non ha fatto corretta applicazione dei principi espressi dalla Cassazione.