Attraverso il D.L. n. 98/2023, il Governo ha dettato le misure urgenti in materia di tutela dei lavoratori dovuti alla emergenza climatica. Tale operazione è avvenuta prevedendo interventi integrativi salariali nei settori dell’edilizia ed affini ed in agricoltura, con alcune evidenti criticità che, si spera, vengano superate durante il percorso di conversione in legge. Per la verità, come ricordato dal recente messaggio INPS n. 2729/2023, la causale dovuta ad eventi oggettivamente non evitabili, è già contemplata dal D.L.vo n. 148/2015 e può essere invocata nei casi di forte emergenza determinata dalle temperature: essa, tuttavia, essendo una causale ordinaria, soggiace alla usuale procedura, cosa che il D.L. n. 98/2023, intende eliminare. Ma andiamo con ordine. Settore edile, lapideo e delle escavazioni L’art. 1, definisce il campo di applicazione del settore edile, di quello lapideo e di quello delle escavazioni, richiamando alcune lettere del comma 1 dell’art. 10 del D.L.vo n. 148/2015 e, precisamente: a) le imprese industriali ed artigiane dell’edilizia ed affini; b) le imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; c) le imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione. Il periodo entro il quale si può chiedere l’integrazione salariale a tale titolo (35° gradi o minore temperatura che, tuttavia, risulti oltre modo pesante per il grado di umidità) è quello compreso tra il 1° luglio ed il 31 dicembre di quest’anno. Le sospensioni e riduzioni di orario per eventi oggettivamente non evitabili sono “a tutto campo” e non presentano costi aggiuntivi. Infatti: a) possono essere richieste anche da aziende che abbiano fruito di 52 settimane di CIGO, senza attendere che sia trascorso un periodo di altre 52 settimane di normale attività produttiva, in deroga a quanto richiede il comma 2 dell’art. 12 del D.L.vo n. 148/2015; b) l’integrazione salariale ordinaria relativa a più periodi non consecutivi che, in linea generale, non può superare le 52 settimane in un biennio mobile (comma 3, dell’art. 12), nel caso di specie, può superare tale limite se la richiesta è avvenuta per l’ipotesi prevista dal D.L. n. 98/2023; c) non viene richiesto il pagamento di alcun contributo addizionale che, all’art. 5 del D.L.vo n. 148/2015, è pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori per le ore di lavoro non prestate, fruite nelle prime 52 settimane di CIGO o CIGS del quinquennio mobile: esso sale al 12% sino a 104 settimane ed al 15% oltre tale ultimo limite sempre nel quinquennio mobile. E’, quindi, l’esclusione dal computo generale (come già avvenuto per gli interventi a seguito della pandemia da COVID-19) a rappresentare, rispetto al quadro generale, la novità più importante. La possibilità della fruizione oraria della cassa, nelle intenzioni dell’Esecutivo, dovrebbe portare anche ad accordi collettivi finalizzati ad una rimodulazione degli orari e ad una nuova organizzazione del lavoro. L’integrazione salariale per le imprese sopra indicate viene sostenuta, per l’anno in corso, con un “budget” di 8,6 milioni di euro tratti dal Fondo sociale per occupazione e formazione istituito dall’art. 18, comma 1, lettera a) del D.L. n. 185/2008. Il D.L. n. 98/2023 non dice altro e, a questo punto, ci si chiede se, trattandosi di eventi oggettivamente non evitabili che rendano non differibile la sospensione o la riduzione di orario, sia applicabile il comma 4 dell’art. 14 del D.L.vo n. 148/2015 che prevede ai fini della informativa e della consultazione sindacale (anche telematiche), una mera comunicazione circa la durata (anche oraria) della riduzione o della sospensione ed il numero dei lavoratori interessati. Se l’intervento integrativo è superiore alle 16 ore settimanali, su richiesta di una delle parti (il datore, la RSA, o la RSU, nonché le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale), va organizzato un esame congiunto, anche telematico, da completare entro cinque giorni, riguardante la ripresa dell’attività produttiva ed i criteri di distribuzione degli orari. A mio avviso, la risposta è positiva, soprattutto se si intende perseguire la linea che postula accordi finalizzati ad adottare misure di contenimento dei rischi da esposizione ad alte temperature. Settore agricolo Con l’art. 2 l’Esecutivo interviene nel settore agricolo prevedendo l’integrazione salariale attraverso la cassa integrazione salariale degli operai agricoli (CISOA) per le intemperie climatiche legate alla calura, per lo stesso periodo (1° luglio-31 dicembre 2023) e per i soli operai agricoli a tempo indeterminato. Le novità introdotte, che tengono conto della specificità della CISOA, disciplinata dalla legge n. 457/1972, sono le seguenti: a) i periodi di trattamento non vengono conteggiati nei 90 giorni di integrazione salariale (tetto massimo) previsti nell’anno; b) i giorni di integrazione salariale vengono conteggiati come lavorati ai fini del raggiungimento delle 181 giornate di effettivo lavoro in base alle quali, secondo la previsione dell’art. 8 della legge n. 457/1972, gli operai vengono qualificati come lavoratori a tempo indeterminato; c) l’autorizzazione alla fruizione della integrazione salariale, pagata direttamente dall’INPS, sarà rilasciata dal Dirigente della sede dell’Istituto competente per territorio: qui la norma opera una deroga alla previsione dell’art. 14 della legge n. 457/1972 ove, la concessione delle integrazione salariali avviene attraverso un esame ed una successiva delibera da parte di una commissione presieduta dal Direttore dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro e che, tra i componenti, annovera anche il Dirigente dell’INPS ed i rappresentanti delle parti sociali (lavoratori e datori di lavoro) del mondo agricolo. Anche in questo caso la copertura degli oneri delle integrazioni salariali è posta a carico del Fondo sociale per occupazione e formazione: essi ammontano, per il 2023, ad 1,4 milioni di euro. Desta molta perplessità il fatto che non sia stata trovata una copertura legale per gli operai agricoli a tempo determinato che, a giornate, sotto il sole, rappresentano la maggioranza di chi raccoglie i prodotti della terra (basti pensare, di questi tempi, alla raccolta dei pomodori). Linee guida in materia di salute e sicurezza Con il successivo art. 3 si parla di linee guida in materia di salute e sicurezza: i Dicasteri del Lavoro e della Salute favoriscono la sottoscrizione di protocolli tra organizzazioni datoriali e sindacali finalizzate alla adozione di procedure per la piena attuazione delle previsioni di tutela, contenute nel D.L.vo n. 81/2008, in favore dei lavoratori esposti alle emergenze climatiche. Tali intese, conclude la norma, possono essere recepite in un decreto “concertato” tra i due Ministeri. Per completezza di informazione va ricordata anche la nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 5056/2023 riguardante il rischio da “stress termico” con una specifica valutazione dei rischi che viene richiesta soprattutto nel settore edile. Considerazioni conclusive A me sembra che il provvedimento d’urgenza appena varato, presenti alcune lacune atteso che, molti lavoratori che, effettivamente sono esposti alla calura eccezionale, sono rimasti fuori. Mi riferisco, a titolo di esempio, per altro non esaustivo, non soltanto ai lavoratori stagionali del settore agricolo, ai quali ho fatto cenno pocanzi, ma anche ai riders ove le modalità di esecuzione della prestazione sono organizzate attraverso piattaforme e per i quali trova applicazione la disciplina del rapporto di lavoro subordinato (art. 2 del D.L.vo n. 81/2015).