Con la risposta n. 473 dell'11 dicembre 2023 l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale applicabile ad una cessione di ramo di azienda ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera b), del D.p.r. n. 633/1972 e ai fini delle altre imposte indirette. L'articolo 2555 del codice civile qualifica l'azienda come "il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa". Con riferimento alla nozione di azienda, l'Amministrazione fiscale ha avuto modo di chiarire che la stessa deve essere intesa in senso ampio, comprensiva anche delle cessioni di complessi aziendali costituenti singoli rami d'impresa. Va precisato, comunque, che la cessione deve riguardare l'azienda o il complesso aziendale nel suo insieme, intesa quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività di impresa e non i singoli beni che compongono l'azienda stessa (cfr. circolare del 19 dicembre 1997, n. 320). Anche la giurisprudenza di legittimità, nell'evidenziare che l'azienda è un complesso di beni organizzati per l'esercizio dell'impresa, individua nell'organizzazione di tale complesso la sua connotazione essenziale (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., n. 5087 del 5 marzo 2014). Nell'ambito della cessione d'azienda, la suprema Corte ha avuto modo di precisare che si deve trattare di un insieme organicamente finalizzato ex ante all'esercizio dell'attività d'impresa, di per sé, idoneo a consentire l'inizio o la prosecuzione di quella determinata attività. Ne deriva che, se non è necessaria la cessione di tutti gli elementi che normalmente costituiscono l'azienda, deve tuttavia potere essere rilevato che, nel complesso di quelli ceduti, permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l'attitudine all'esercizio dell'impresa, sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario (così, da ultimo, anche Corte di Cassazione, n. 9575 del 11 maggio 2016, che ha confermato Corte di Cassazione n. 21481 del 9 ottobre 2009; Corte di Cassazione n. 1913 del 30 gennaio 2007). Alla luce di ciò, i fattori rivelatori dell'esistenza dell'azienda o del ramo d'azienda possono individuarsi nella "organizzazione", nei "beni" e nel loro fine, ossia "per l'esercizio dell'impresa". Questi elementi devono essere funzionalmente legati da un rapporto di complementarietà strumentale tale da costituire un "unicum" destinato all'esercizio dell'impresa. Resta inteso che non si possono fissare a priori e in via generale e astratta, quali e quanti beni e rapporti sono necessari per contraddistinguere un'azienda, poiché non assume esaustiva rilevanza il semplice complesso di "beni", in sé e per sé stesso considerato: vanno obbligatoriamente considerati anche i "legami" giuridici e di fatto tra gli stessi, nonché la destinazione funzionale del loro insieme. IVA Per quanto concerne il trattamento IVA, con la risposta n. 546/2020 l'Agenzia delle Entrate ha affermato che "Ciò che effettivamente rileva ai fini della applicazione dell'IVA, secondo l'interpretazione della Corte di Giustizia, è (...): - la possibile prosecuzione dell'attività d'impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un'attività economica autonoma e attuale (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell'Unione Europea, causa n. C-497/01 del 27 novembre 2003, punti 40 e 44); - e che (n.d.r. questo complesso di beni) mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento (n.d.r. cfr. Corte di Giustizia dell'Unione Europea, causa n. C-444/10 del 10 novembre 2011, punto 25)". Imposte di registro, ipotecaria e catastale Considerato che nel caso di specie l'operazione rappresentata non rileva ai fini dell'IVA, ne consegue che, in ossequio al principio di alternatività IVA/registro di cui all'articolo 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l'"assegnazione" del ramo di azienda rientra nell'ambito applicativo dell'imposta di registro. In particolare l'operazione in esame, con cui la società attribuisce la titolarità del complesso aziendale ai soci, i quali lo ricevono a titolo di rimborso in natura dei propri conferimenti in sede di riduzione del capitale sociale, non configura un atto a titolo gratuito, pur non essendo previsto un corrispettivo in denaro. Come chiarito dall'Amministrazione finanziaria nella circolare 29 maggio 2013, n. 18, "l'atto con cui viene deliberata l'assegnazione dell'azienda ai soci è assoggettato all'imposta fissa di registro a norma dell'art. 4, lettera d), n. 2) e lettera a) n. 3) della Tariffa, Parte prima del d.P.R. n. 131 del 1986. Ciò anche in presenza di beni immobili, purché gli stessi facciano parte del complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa ai sensi dell'art. 2555 del codice civile (cfr. risoluzione 3 luglio 2001, n. 99, e risoluzione n. 47/E del 3 aprile 2006)". Pertanto, per effetto del combinato disposto delle norme sopra richiamate, all'atto di assegnazione del ramo di azienda in esame risulta applicabile l'imposta di registro nella misura fissa di euro 200. In caso di assegnazione di azienda comprensiva di immobili, l'imposta catastale si applica nella misura proporzionale dell'1 per cento sul valore degli immobili compresi nell'azienda, ai sensi degli articoli 2, comma 2 e 10 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 (cfr. circolare n. 18 del 2013 par. 6.36; circolare 30 maggio 2005 n. 25; risoluzione 3 aprile 2006 n. 47). Per quanto riguarda, infine, l'imposta ipotecaria, nel caso in esame rileva la circostanza che l'operazione di assegnazione in questione avviene a favore di Comuni (soci). In tale ipotesi, come previsto dall'articolo 2 della Tariffa, allegata al citato decreto legislativo n. 347 del 1990, con riferimento alla trascrizione di atti a titolo oneroso a favore di Regioni, Province e Comuni, l'imposta ipotecaria si applica nella misura fissa di euro 200.