La Corte di Giustizia UE è intervenuta, con sentenza emanata nella causa C-676/22 del 29 febbraio 2024, in merito all’esenzioni delle cessioni intracomunitarie di beni. Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA, relativo all’esenzione delle cessioni intracomunitarie, debba essere interpretato nel senso che si deve negare l’esenzione dall’IVA ad un fornitore stabilito in uno Stato membro, il quale abbia ceduto merci a destinazione di un altro Stato membro, che non abbia dimostrato che tali merci erano state cedute a un destinatario avente la qualità di soggetto passivo in tale Stato membro, anche se, tenuto conto degli elementi di fatto e delle informazioni presentate da tale fornitore, l’amministrazione tributaria dello Stato membro di partenza dispone dei dati necessari per verificare che la persona alla quale i beni sono stati fisicamente ceduti aveva la qualità di soggetto passivo che agisce in quanto tale nello Stato membro di arrivo. In via preliminare, occorre anzitutto ricordare che l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA prevede l’obbligo per gli Stati membri di esentare le cessioni di beni che soddisfano le condizioni ivi elencate A tal riguardo, occorre rilevare che, in forza dell’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA nella sua versione applicabile al procedimento principale, l’esenzione dall’IVA di un’operazione è subordinata alla condizione che il potere di disporre di un bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente, che il fornitore dimostri che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, detto bene abbia lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto. Dall’altro lato, come risulta dall’articolo 139, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA, l’esenzione da tale imposta è subordinata alla condizione che la cessione non sia effettuata nei confronti di un soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva. Al di fuori di tali condizioni, relative specificamente allo status di soggetto passivo, al trasferimento del potere di disporre di un bene come proprietario e allo spostamento fisico dei beni da uno Stato membro ad un altro, non può essere imposto nessun altro requisito per qualificare un’operazione come cessione intracomunitaria di beni, restando inteso che la nozione di cessione intracomunitaria ha carattere oggettivo e si applica indipendentemente dagli scopi e dai risultati delle operazioni di cui trattasi. Pertanto, il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione dall’IVA sia accordata se sono soddisfatte tali condizioni sostanziali, anche se taluni requisiti formali sono stati omessi dai soggetti passivi. Occorre constatare, al riguardo, che, dopo l’abolizione del controllo alle frontiere tra gli Stati membri, risulta difficile per l’amministrazione tributaria verificare se le merci abbiano o meno lasciato fisicamente il territorio di uno Stato membro. Per tale ragione, le autorità tributarie nazionali procedono a tale verifica principalmente sulla base delle prove fornite dai soggetti passivi e delle dichiarazioni di questi ultimi. Pertanto l’articolo 138, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che si deve negare l’esenzione dall’IVA ad un fornitore stabilito in uno Stato membro, che abbia ceduto merci a destinazione di un altro Stato membro, allorché tale fornitore non ha dimostrato che le merci erano state cedute a un destinatario avente la qualità di soggetto passivo in quest’ultimo Stato membro e, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti dal fornitore, mancano i dati necessari per verificare che detto destinatario avesse tale qualità.