È illegittima la collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria (c.d. CIGS) senza rotazione dei lavoratori da sospendere ogniqualvolta la comunicazione alle organizzazioni sindacali non indichi in modo idoneo i criteri di scelta e i motivi per i quali sia stato escluso il criterio della rotazione, anche in caso di cessazione dell’unità produttiva. Non è quindi sufficiente, in tali casi, addurre genericamente a giustificazione dell’esclusione della rotazione la decisione di chiudere il sito produttivo e di cessarne la relativa attività. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 7642/2024, riconoscendo in favore dei lavoratori il diritto al risarcimento del danno quantificabile nelle differenze retributive tra quanto percepito durante la cassa integrazione e quanto gli stessi avrebbero avuto diritto a percepire in costanza del normale rapporto di lavoro. I giudici di legittimità hanno poi chiarito che non sana il difetto di comunicazione nemmeno l’adozione del decreto ministeriale di approvazione del programma di CIGS per cessazione dell’attività con autorizzazione della corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale, ciò in quanto in sede amministrativa viene valutato solo il profilo formale della cessazione, ma non quello dell’eventuale trasferimento delle attività ad altri siti. Inoltre, anche in caso di cessazione, la Suprema Corte ha ricordato che è del resto necessaria una completa e adeguata comunicazione “che involga tutti gli aspetti (fungibilità delle mansioni, unità produttiva e cessazione delle attività, in relazione al parametro delle ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento di normali livelli di efficienza) con riguardo alla esclusione del criterio della rotazione dei lavoratori da sospendere”. Per i giudici di legittimità la circostanza che, nel caso concreto, fosse stata disposta la cessazione dell’attività produttiva non era sufficiente a escludere l’indicazione dei motivi per i quali si fosse deciso di non adottare alcun meccanismo di rotazione, in difetto, del resto, di adeguata motivazione nella comunicazione di avvio in merito all’infungibilità delle mansioni espletate dai lavoratori. Nel richiamare il proprio orientamento (cfr. Cass. n. 4886/2015; Cass. n. 18895/2014; Cass. n. 7459/2012), con la sentenza in commento la Suprema Corte ha così ribadito che la mancata specificazione dei criteri di scelta e del criterio della rotazione o di altro criterio alternativo che individui i lavoratori da sospendere incide direttamente sulla legittimità del provvedimento amministrativo di concessione dell’intervento straordinario di integrazione salariale determinandone l’inefficacia, essendo la regolamentazione della materia finalizzata alla tutela sia di interessi pubblici e collettivi, sia degli interessi dei singoli lavoratori. In riferimento al caso di specie è stato quindi evidenziato che la comunicazione di avvio della procedura, per essere valida sotto il profilo dell’esclusione del criterio della rotazione, avrebbe dovuto specificare in concreto che: l’unità interessata fosse del tutto autonoma sotto il profilo organizzativo ed economico; le attività ivi svolte fossero cessate e non trasferite ad altri siti; le professionalità dei lavoratori addetti al sito in questione fossero utilizzabili solo in quella sede (circostanza del resto smentita da un successivo accordo con cui era stata disposta la rotazione dei lavoratori collocati in CIGS con i dipendenti di altre unità produttive, indice, per i giudici, della fungibilità delle mansioni). Si evidenzia che alla fattispecie oggetto della pronuncia risultava applicabile l’art. 1 commi 7 e 8 della L. 223/91, secondo cui i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto, e nel caso in cui si intenda escludere la rotazione, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unità produttiva interessata dalle sospensioni, occorre indicarne i motivi nel programma. Tali disposizioni sono state abrogate dal DLgs. 148/2015, il quale, in materia di rotazione dei lavoratori, dispone allo stesso modo all’art. 24 comma 3 che costituiscono oggetto dell’esame congiunto il programma che l’impresa intende attuare, comprensivo, tra l’altro, dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere – che devono essere coerenti con le ragioni per le quali è richiesto l’intervento – e le modalità della rotazione tra i lavoratori o le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione. Alla luce di tale disposizione è pertanto ragionevole ritenere che i principi affermati con la sentenza in commento di specificazione dei criteri di scelta e dei motivi per cui sia stato escluso il criterio della rotazione siano applicabili anche in riferimento alla disciplina attualmente vigente, anche in caso di cessazione dell’unità produttiva.