Non si può rivendicare all’Inps la qualifica di coltivatore diretto (con tutti i diritti che da tale titolo discendono) se il prestatore in un arco di tempo ha semplicemente prestato attività lavorativa con il padre, lui sì coltivatore diretto. Lo precisa la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 3973 del 13 febbraio 2024. Secondo costante orientamento di legittimità (Cass. 15869/17, Cass. 9208/03, Cass. S.U. 616/99), ai fini dell'applicabilità dell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, la qualità di coltivatore diretto - rispetto alla quale manca nell'ordinamento una nozione generale applicabile ad ogni fine di legge - deve essere desunta dal combinato disposto degli artt. 2 L. n. 1047/57 e 2, 3 L. n.9/63, sicché per il suo riconoscimento è necessario e sufficiente il concorso dei seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto ed abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l'interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, aanche in modo soltanto prevalente, cioè tale che le stesse lo impegnino per la maggior parte dell'anno e costituiscano per lui la maggior fonte di reddito; b) prestazione lavorativa del nucleo familiare non inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l'allevamento e il governo del bestiame, nonché fabbisogno di manodopera non inferiore a centoquattro giornate lavorative annue. Non è, pertanto, richiesto il carattere imprenditoriale dell’attività, con la destinazione, anche parziale, dei prodotti del fondo al mercato, essendo sufficiente che gli stessi siano destinati al sostentamento del coltivatore e della sua famiglia, né è prescritto che il coltivatore abbia personalmente prestato centoquattro giornate lavorative annue, riferendosi tale limite al fabbisogno del fondo e non all'attività del singolo. Ai sensi dell'art. 1 L. n. 1047/57, il requisito della abitualità dell'attività manuale nella coltivazione dei terreni o nell'allevamento del bestiame è da riferirsi anche ai familiari del coltivatore diretto. La norma richiede infatti che questi svolgano "le medesime attività" del coltivatore diretto, ovvero l'abituale e manuale coltivazione dei fondi o allevamento del bestiame. Conferma si trae dall'art. 2, comma 2 L. n. 9/63, riferito ai soggetti di cui all'art. 2 L. n. 1047/57, tra cui sono annoverati i familiari del coltivatore diretto; l'art. 2 precisa che tali soggetti, ai fini dell'abitualità, devono dedicarsi in modo quanto meno prevalente all'attività manuale di lavoro nella coltivazione. Quindi, anche per il familiare accorre la dimostrazione della prevalenza dell'attività, ovvero che essa lo impegni per il maggior periodo di tempo nell'anno e che costituisca la maggior fonte di reddito. Anche il requisito della forza lavoro non inferiore a un terzo di quella necessaria per la coltivazione del fondo, posto dall'art. 2 L. n. 9/63, non può essere riferito al solo coltivatore diretto titolare dell'impresa, entro una valutazione disgiunta da quella del familiare. La norma infatti ha riguardo espresso non alla prestazione lavorativa del coltivatore diretto, ma a quella del "nucleo familiare"; ciò significa che l'appartenente al nucleo familiare del coltivatore diretto, il quale chiede l'affermazione anche nei suoi riguardi della qualifica, deve allegare e provare che la forza lavoro dell'intero nucleo non sia inferiore a 1/3 di quella necessaria.