Molto clamore hanno destato alcune sentenze emesse dai Tribunali Sezione Lavoro in ordine ad un presunto divieto di compensazione tra i crediti fiscali, sia di tipo ordinario che conseguenti a disposizioni agevolative, e i debiti verso l’INPS per i contributi previdenziali. In qualche occasione i Giudici di merito hanno negato tout court la possibilità concessa dal dettato inequivocabile dell’articolo 17 del D. Lgs. 241/1997: “Va, tuttavia, osservato che, (...) la compensazione tra crediti di natura fiscale e debiti contributivi è preclusa nel nostro sistema. L'art. 17 DLgs. n. 241/97, infatti, stabilisce che in caso di pagamento "dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore ... degli enti previdenziali", è ammessa la facoltà di procedere ad una "eventuale compensazione dei crediti" solo in relazione ad obbligazioni" dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti (...) In ambito contributivo, dunque, non è contemplata la compensazione di obbligazioni previdenziali riferibili a soggetti differenti o che permetta una estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale, anche se facenti capo al medesimo soggetto” (Tribunale Milano 19/10/2021, sentenza n. 2207). “In ambito contributivo, non è mai stata adottata una disposizione di legge che consenta la compensazione di obbligazioni previdenziali riferibili a soggetti differenti o che permetta una estinzione di tali debiti mediante controcrediti di natura fiscale, anche se facenti capo al medesimo soggetto. In definitiva, dunque, la richiamata normativa tributaria risulta invece inapplicabile nella fattispecie contributiva in esame, ponendo in essere una operazione solutoria in violazione della disciplina previdenziale”. (Tribunale Brescia 22/2/2022, sentenza n. 1251). L’errata interpretazione dei Giudici della disciplina della compensazione è stata censurata da Assonime (caso 3/2023). Invero, la possibilità di compensare i crediti fiscali con debiti contributivi è fatta propria dall’INPS nella circolare n. 79 dell’8 aprile 1998, nonché in diversi documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 101/E del 19 maggio 2000 e risoluzione n. 425/E del 27 novembre 2008). D’altronde questo è lo spirito dell’articolo 17 citato, come si evince dal testo dell’articolo 134 della L. 662/1996 che ha delegato il Governo all’emanazione del decreto legislativo di riferimento (n. 241/1997). Si consideri, inoltre, che quando il Legislatore ha voluto inibire la compensazione lo ha fatto espressamente. Si pensi, ad esempio, all’articolo 31 del D.L. 78/2010 relativo al divieto di autocompensazione in presenza di ruoli, nonché all’articolo 17 bis, comma 8, del D. Lgs. 241/1997 relativo al divieto di compensazione previsto per il contrasto dell’illecita somministrazione di mano d’opera. Con un emendamento al D.L. 11/2023, finalmente, si dovrebbe porre fine alla querelle. Con tale atto si fornisce una interpretazione autentica del disposto dell’articolo 17 in parola, in base alle quale viene sancito che “l’articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, si interpreta nel senso che la compensazione ivi prevista può avvenire, nel rispetto delle disposizioni vigenti, anche tra debiti per contributi previdenziali o assistenziali e crediti tributari o viceversa”. Restano le ulteriori problematiche connesse alla questione. In primo luogo, quella relativa all’effetto estintivo dell’obbligazione contributiva attuata con la compensazione di crediti fiscali rivelatisi inesistenti. Infine, la titolarità o meno dell’INPS a contestare nel merito le compensazioni, rectius la bontà del credito utilizzato per attuarle. In proposito, va evidenziato che le sentenze citate, nonché Tribunale Milano 6 aprile 2022, sentenza n. 625, Appello Milano 6 giugno 2022, sentenza n. 566 e Tribunale Milano 20 febbraio 2023, sentenza n. 540, si riferiscono tutti ad ipotesi di (supposta) frode.