Agenzia delle Entrate - Risposta n. 88 del 6 marzo 2020 Con la risposta n. 88 del 6 marzo 2020 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di disapplicazione della normativa di contrasto alla compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali. In materia di fusioni si prevede che le perdite fiscali delle società partecipanti all'operazione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società incorporante o risultante dalla fusione: - per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall'ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale redatta ai sensi dell'articolo 2501-quater del codice civile, senza tener conto dei conferimenti e dei versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa; - allorché dal conto economico della società le cui perdite sono oggetto di riporto, relativo all'esercizio precedente a quello in cui la fusione è deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell'attività caratteristica e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all'articolo 2425 del codice civile, superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori. La ratio delle limitazioni è di contrastare il c.d. "commercio di bare fiscali", mediante la realizzazione di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al fine di attuare la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali di una società con gli utili imponibili dell'altra, introducendo un divieto al riporto delle stesse qualora non sussistano quelle minime condizioni di vitalità economica previste dalla disposizione normativa. Questa norma richiede che la società, la cui perdita si vuole riportare, sia operativa, negando, in sostanza, il diritto al riporto delle perdite se non esiste più l'attività economica cui tali perdite si riferiscono. In un'ottica antielusiva, i requisiti minimi di vitalità economica debbono sussistere non solo nel periodo precedente a quello in cui è stata deliberata la fusione, ma anche al momento in cui la fusione viene attuata. Da qui, è stato sottolineato dall’Agenzia delle Entrate come sia possibile disapplicare le disposizioni contenute nell'articolo 172, comma 7, del TUIR, con riferimento alle perdite fiscali e agli interessi passivi non deducibili laddove la società incorporata non sia qualificabile come "bare fiscale".