I lavoratori subordinati che contraggono matrimonio, civile o concordatario, o che sono parte di un’unione civile hanno diritto a un periodo di congedo interamente retribuito. Il datore di lavoro eroga la relativa indennità unitamente agli emolumenti di competenza del mese, portando a conguaglio in denuncia contributiva le eventuali somme anticipate per conto dell’INPS. La legge prevede, inoltre, uno specifico divieto di licenziamento per causa di matrimonio, che tutela le donne e si applica sia nel settore pubblico che in quello privato. La legge prevede che, a prescindere dalla categoria e dal settore d’impiego, possono fruirne di questa tipologia di congedo tutti lavoratori dipendenti che: possono far valere un rapporto di lavoro di durata almeno pari ad una settimana; hanno superato il periodo di prova; si assentano effettivamente dal lavoro, nell’arco di 60 giorni dalla celebrazione del matrimonio. Il congedo matrimoniale ha una durata di 15 giorni, ma una durata diversa può essere prevista da alcuni contratti nazionali del lavoro in base alle diverse qualifiche e al diverso settore produttivo di appartenenza del lavoratore. Il congedo matrimoniale spetta ad entrambi i coniugi lavoratori che possono fruirne anche contemporaneamente. Il matrimonio celebrato con rito unicamente religioso non dà diritto al congedo. Il matrimonio, civile o concordatario, comporta il diritto al congedo anche se successivo all’intervenuto stato di vedovanza o il divorzio. Adempimenti del datore di lavoro - Per i giorni di effettiva assenza dal lavoro, l’INPS è tenuto ad erogare un’indennità pari ad un massimo di 7 quote di retribuzione giornaliera, con riferimento alle seguenti categorie di lavoratori: operai; apprendisti; lavoratori a domicilio; marittimi di bassa forza dipendenti da aziende industriali, artigiane, cooperative; ai lavoratori che, ferma restando l’esistenza del rapporto di lavoro, per un qualunque giustificato motivo non siano comunque in servizio (malattia, sospensione dal lavoro, richiamo alle armi ecc.). Il datore di lavoro: anticipa l’indennità; la conguaglia attraverso il flusso UNIEMENS; integra l’indennità fino a garantire la normale retribuzione spettante per i 15 giorni di durata del congedo. La retribuzione relativa al periodo congedo matrimoniale è invece posta interamente a carico del datore di lavoro nei seguenti casi: impiegati, apprendisti impiegati, dirigenti di aziende che svolgono la lavorazione del tabacco; aziende agricole; commercio; credito ed assicurazioni; enti locali e statali; lavoratori domestici; giornalisti. Gestione del congedo matrimoniale - A meno che sussistano comprovabili ed oggettive esigenze opposte da parte dell'azienda, l’inizio del periodo di congedo solitamente coincide con la data del matrimonio. In questo caso il congedo deve essere concesso entro i 30 giorni successivi al matrimonio. In ogni caso i giorni di fruizione del congedo non devono superare i 60 giorni successivi alla celebrazione. Il lavoratore è tenuto a presentare la relativa richiesta con un preavviso di almeno 6 giorni, mentre, al rientro in azienda, è necessario presentare una copia del certificato di matrimonio. Qualora il lavoratore rappresenti l’esigenza, per ragioni personali, di fruire del congedo in data successiva all’arco di tempo definito dalla norma occorre che tale richiesta sia esplicitata e motivata in forma scritta, al fine di evitare conseguenze negative per l’azienda in riferimento al principio di non discriminazione. Compatibilità con altri istituti contrattuali - Il congedo matrimoniale non può essere computato in conto ferie né valere a titolo di preavviso di licenziamento. Ai lavoratori non in servizio per malattia, sospensione, maternità, l'assegno per congedo matrimoniale viene comunque corrisposto in sostituzione, essendo più favorevole. Le festività che occorrono nel corso del congedo comportano la corresponsione di una retribuzione aggiuntiva. Durante il periodo di congedo maturano le ferie e le mensilità aggiuntive, e la corrispondente retribuzione è utile ai fini del calcolo TFR. I giorni di congedo devono essere fruiti consecutivamente, cioè non possono essere frazionati. Il congedo matrimoniale non può essere goduto nel periodo delle ferie o in quello di preavviso di licenziamento. Casi particolari - La legge e i CCNL prevedono specifiche regole con riferimento ad alcune fattispecie atipiche: 1) Chi contrae matrimonio all’estero deve possedere, oltre alla qualifica e ai requisiti necessari: la residenza in Italia prima del matrimonio aver acquisito anche in Italia lo stato di coniugato. 2) Nel caso di cittadini di un paese dove è ammessa la poligamia, l’assegno per congedo matrimoniale dell’INPS spetta comunque per un solo matrimonio, fatti salvi ovviamente i casi di divorzio o decesso del coniuge. 3) Nel caso di lavoratori disoccupati o sospesi l'assegno è erogato dall'INPS qualora si verifichino le seguenti condizioni: esistenza di un rapporto di lavoro di almeno 15 giorni, nei 90 giorni che precedono la data del matrimonio dimissioni presentate per contrarre matrimonio licenziamento per cessazione dell'attività assenze dal servizio per un giustificato motivo (malattia, sospensione dal lavoro). 4) Ai lavoratori con contratto part-time di tipo verticale, l’assegno spetta esclusivamente per i giorni che coincidono con quelli previsti dal contratto in relazione all’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa. 5) Per i dirigenti: del settore terziario: vale la regola generale; del settore industria: nulla è previsto dal CCNL. 7) Con riferimento ai lavoratori domestici, l’importo da corrispondere in corrispondenza del congedo deve includere anche i compensi sostitutivi convenzionalmente stabiliti a titolo di vitto e alloggio, seppure non fruiti 8) Per i giornalisti è previsto un congedo retribuito pari a 20 giorni di calendario 9) Agli operai edili viene concesso un periodo di congedo di 15 giorni consecutivi con diritto alla retribuzione pari a 104 ore. Divieto di licenziamento - La legge prevede espressamente la nullità dei licenziamenti intimati nel periodo che intercorre tra il giorno della richiesta delle pubblicazioni e l’anno successivo alla celebrazione (Codice delle Pari Opportunità, art. 35 DL n. 198/2006). La tutela di applica alle lavoratrici subordinate del settore pubblico e privato, escluse le addette ai servizi familiari e domestici. Spetta al datore di lavoro provare che il licenziamento della lavoratrice, avvenuto nel periodo tutelato, è stato effettuato non a causa di matrimonio, ma per una delle seguenti ipotesi: colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa o giustificato motivo soggettivo per la risoluzione del rapporto di lavoro (licenziamento disciplinare); cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta; ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28926 del 12 novembre 2018, ha affermato che non può essere considerato illegittimo o discriminatorio il licenziamento durante il periodo tutelato per il matrimonio di un uomo. La norma, infatti, è posta a tutela di diritti legati alla maternità, in considerazione delle funzioni essenziali costituzionalmente attribuite alla donna. Sono nulle anche le clausole contenuti nei contratti individuali e collettivi, o nei regolamenti aziendali, che prevedano la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio.