Dal 1° luglio è entrato in vigore un nuovo paradossale istituto: il contraddittorio obbligatorio che, curiosamente, non sarà sempre indispensabile. Infatti, il nuovo art. 5-ter del D.Lgs. n. 218/1997 è rubricato “invito obbligatorio”, ma esso non introduce un precetto sempre necessario per gli Uffici fiscali. Ad esempio, per gli accertamenti parziali è previsto, più che un vero obbligo generalizzato, solo una sorta di impegno d’onore del Fisco all’audizione preventiva del contribuente nell’ambito del procedimento di adesione. Nell’illustrare le caratteristiche del nuovo contraddittorio, nella circolare n. 17/E/2020 l’Agenzia delle Entrate evidenzia il ruolo fondamentale del confronto preventivo tra contribuente e parte pubblica, al fine di definire il corretto perimetro “della eventuale pretesa impositiva” e per prevenire la fase contenziosa. Ogni professionista, però, ben sa che fino ad oggi il contraddittorio è stato spesso vissuto dalle Entrate più come fastidio che come un’opportunità per rendere la propria pretesa tributaria maggiormente sostenibile e sono rari i casi in cui il contribuente riesce a scalfire in contraddittorio le granitiche convinzioni delle istruttorie con le quali i funzionari contestano ipotetiche basi imponibili evase. Poco cambia nella fase amministrativa Da oggi cambierà qualcosa? Ben poco nella fase amministrativa. Al di là, infatti, delle consuete dichiarazioni di principio con le quali le Entrate rammentano sempre la loro volontà di “garantire l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento” in senso non puramente formale, il contraddittorio preventivo rimarrà molto spesso una fase in cui le parti, rimanendo sulle loro posizioni, si daranno solo atto di essersi fisicamente incontrate. Nuova prospettiva per la fase contenziosa Cambierà, invece, la prospettiva della fase contenziosa. Infatti, il comma 3 dell’art. 5-ter stabilisce che “in caso di mancata adesione, l’avviso di accertamento è specificatamente motivato in relazione ai chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio”. In buona sostanza, ora vi dovrà essere una rigorosa connessione tra le risultanze del contraddittorio e la motivazione del futuro avviso di accertamento, in quanto gli uffici fiscali avranno l’obbligo di argomentare “le ragioni del relativo mancato accoglimento” degli elementi offerti dal soggetto “controllato” durante le convocazioni. In altri termini, per tutti gli atti che ricadranno all’interno dell’applicazione del nuovo art. 5-ter, sarà ora specificamente eccepibile in giudizio l’eventuale pigrizia argomentativa dei funzionari delle Entrate e, all’esito di un contraddittorio negativo, il Fisco non potrà più genericamente dare atto nei verbali “di aver valutato ma di non aver accolto le ragioni del contribuente”, oppure “di aver ritenuto insufficiente ai fini probatori la documentazione prodotta”. La motivazione rafforzata D’ora in avanti, nelle motivazioni degli avvisi l’Ufficio non potrà più dire lapidariamente di “non aver accolto le obiezioni del contribuente”, ma dovrà spiegarne analiticamente le ragioni nell’ambito di una motivazione definita “rafforzata”, la cui lacunosa genericità potrà essere sottoposta al vaglio della giurisprudenza. Rimangono, però, fuori da questo nuovo obbligo di rafforzamento della motivazione tutti gli avvisi di accertamento parziale (non solo quelli “automatizzati”) è questo è il vero limite della novità e se è pur vero che la citata circolare n. 17/E ha invitato gli Uffici, in caso di determinazione della pretesa basata su elementi presuntivi, ad attivare comunque un contraddittorio preventivo, tale concessione non basta per poter attrarre nei nuovi obblighi formali di contraddittorio anche gli accertamenti parziali. E se il nuovo contraddittorio non venisse attivato? Il comma 5 della norma in commento prevede che il suo omesso avvio determina “l’invalidità dell’avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato”. In tal senso, anche la circolare delle Entrate richiama espressamente il principio giurisprudenziale della c.d. “prova di resistenza”, la quale si traduce nell’allegazione di prove (da parte del ricorrente) da depositare all’interno del contenzioso tributario, volte a dimostrare “in concreto le ragioni che il contribuente avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato” (Cass. SS. UU. n. 24823/2015). Una metafora sportiva ci aiuterà a comprendere meglio la singolarità di questa previsione. Si ipotizzi una partita di calcio tra contribuente e Fisco non disputata per colpe imputabili a quest’ultimo: la legge prevede che il contribuente possa perdere una gara non disputata per colpe altrui, qualora egli non riuscisse a dimostrare al giudice sportivo che quella partita, se fosse stata giocata, l’avrebbe anche potuta vincere. Ovviamente, nel mondo del calcio ci sarebbe una sommossa dei tifosi, in quello dell’accertamento tributario, invece, nulla ormai sembra più impossibile a favore del Fisco.