Contratto a termine in scadenza: preclude il regime forfetario con lo stesso datore?

In quanto permette di avere la disponibilità di risorse umane a tempo pieno per periodi limitati, ma senza dover sopportare vincoli e oneri di un contratto a tempo indeterminato, negli ultimi anni il contratto di lavoro a tempo determinato è stato una tipologia contrattuale particolarmente utilizzata dalle imprese. Grazie, infatti, all'apposizione di un termine che predetermina la durata del lavoro, al momento della scadenza il rapporto cessa senza bisogno di alcun preavviso. Dettata dagli articoli 19-29 del D.Lgs. n. 81/2015, la disciplina dell'istituto è stata da ultimo riformata dal decreto Dignità (art. 1, D.L. n. 87/2018) che, tra le principali novità, non solo ha reintrodotto l'obbligo di indicare la causale se il rapporto supera i 12 mesi (o viene rinnovato) ma, nel ridurre il numero di proroghe possibili da 5 a 4, ha anche ridotto la durata complessiva del rapporto a termine da 36 a 24 mesi, al cui superamento si determina la trasformazione del lavoro a termine in contratto a tempo indeterminato, con effetto dalla data di tale superamento. Nonostante i confortanti dati diffusi dall’ISTAT sull’andamento del tasso di disoccupazione, tale tentativo legislativo di scoraggiare il ricorso delle aziende ai contratti a termine si scontra comunque con la persistente incertezza dell'economia nazionale che suggerisce ancora a molte imprese di non procedere ad assunzioni a tempo indeterminato dei dipendenti e, quindi, la maggiore durata per i rinnovi del tempo determinato risultava una valida e legittima soluzione per non dover effettuare turn over di personale precario, al solo fine di non stabilizzare lavoratori a termine anche graditi e già professionalmente formati. Il dipendente a termine diventa forfetario? Lungi, tuttavia, dal far transitare a tempo indeterminato i lavoratori in scadenza contrattuale, molte imprese che non vogliono comunque perdere quella forza lavoro impossibilitata a veder prolungato un contratto a termine per superamento dei limiti legali consentiti e i lavoratori che non vogliono rinunciare al posto di lavoro potrebbero concordare una innaturale soluzione per poter continuare il rapporto di lavoro e per non ricadere nel lavoro sommerso: quella di prorogare il rapporto dietro lo schermo del regime forfetario. In questo modo, trasformandosi in committente il datore di lavoro e in prestatore con partita IVA il lavoratore subordinato, si renderebbe possibile continuare in chiaro il rapporto professionale in maniera semmai anche più vantaggiosa, attesa la circostanza che, accordando al lavoratore una retribuzione commisurata al costo lordo del lavoro dipendente sopportato dall’impresa, i compensi netti riscossi dal prestatore in regime forfetario risulterebbero ben più alti del pregresso netto percepito in busta paga. La causa ostativa In base, però, all’art. 1, comma 57, lettera d-bis) della legge n. 190/2014, il regime forfetario è precluso per chi esercita prevalentemente una nuova attività d’impresa o di lavoro autonomo nei confronti di datori di lavoro con i quali sono intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta (ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni). Come (e quando) verificare la prevalenza Tuttavia, poiché la verifica circa lo svolgimento prevalente della nuova attività autonoma svolta nei confronti del precedente datore di lavoro va effettuata solamente al termine del periodo d'imposta in cui si applica il regime, se Tizio concludesse un rapporto di lavoro dipendente a termine nel 2019, lo stesso potrebbe adottare il regime forfetario nel 2020 e solo alla fine di quest’ultimo anno, se risultasse che ha fatturato prevalentemente nei confronti del suo precedente datore di lavoro, si verificherà la fuoriuscita dal regime forfetario che, tuttavia, decorrerà a partire dal 2021. Da ricordare peraltro che, secondo la prassi delle Entrate (circolare n. 9/E/2019), la prevalenza è intesa in senso assoluto per cui, per determinarsi la fuoriuscita dal regime, i ricavi e i compensi nei confronti dell’ex datore di lavoro devono essere in ogni caso superiori al 50% del totale. In conclusione, sebbene sia fuor di dubbio che una simile soluzione configura uno schema che si presta ad un evidente uso distorto in funzione dissimulatoria di rapporti di lavoro dipendente e che un autonomo che svolgesse la propria attività per un solo committente potrebbe anche ottenere la conversione della prestazione in un rapporto di lavoro subordinato, in questi casi, se non saranno gli organi di vigilanza a verificare un'eventuale presenza persistente degli "indici di subordinazione", nel corso dei prossimi mesi vi sarà la concreta ipotesi di veder proseguire surrettiziamente, sotto le mentite spoglie del regime forfetario e in maniera pure fiscalmente agevolata, molti contratti a termine che i datori di lavoro non intendessero rinnovare solo per evitare la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto. Poi, tra un anno, si vedrà ...

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Contratto a termine in scadenza: preclude il regime forfetario con lo stesso datore?

Non possono avvalersi del regime forfetario le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta

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