L’Amministrazione finanziaria torna nuovamente a fornire chiarimenti sui bonus energetici e sul contributo straordinario caro bollette, introdotti dal legislatore al fine di contenere gli effetti degli incrementi dei prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale, legati principalmente alla grave crisi internazionale in atto in Ucraina. Le modalità dell’approccio utilizzato dalla circolare n. 25/E dello scorso 11 luglio 2022 - documento contenente domande e risposte - fanno strada a doverose riflessioni sull’utilizzo dei crediti d’imposta, se non altro per la delicatezza dell’oggetto stesso del contributo che dovrebbe intervenire a compensare lo straordinario aumento dei costi energetici che peseranno, direttamente e indirettamente, sui bilanci delle imprese. La bussola tecnica tra gli elementi della componente energetica e l’effettività dell’utilizzo In sintesi, il documento di prassi si occupa tanto del credito d’imposta per le imprese energivore, introdotto dall’art. 15 del decreto Sostegni ter (D.L. n. 4/2022) per il primo trimestre 2022 ed esteso, successivamente, anche al secondo trimestre (D.L. n. 17/2022), quanto di quello per le imprese non energivore di cui all’art. 3 del decreto Ucraina (D.L. n. 21/2022). La circolare n. 25/E/2022 chiude con uno spazio dedicato al contributo straordinario dovuto dall’imprese operanti nel settore energetico. Il filo conduttore, che sembra attraversare le risposte fornite, si snoda su quelli che sono gli elementi costitutivi dell’agevolazione, ovvero: - il sostenimento della spesa per la componente energetica; - l’effettivo utilizzo. Percorrendo alcune delle risposte che focalizzano tale centralità, risulta evidente come i chiarimenti forniti già con la prima circolare n. 13/E/2022 si sono mostrati non esaustivi, essendo necessario, proprio su tali elementi costitutivi, un intervento tecnico. Come riportato nella premessa del documento di prassi in commento, i chiarimenti riguardano in gran parte aspetti di natura non fiscale e, pertanto, resi con il contributo del Ministero della transizione ecologica (MITE) e dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). Con riguardo all’individuazione della componente energetica, non sembra sia stato sufficiente il riferimento, fornito dalla richiamata circolare n. 13/E/2022, alla macrocategoria indicata in fattura sotto la voce “spesa per la materia energia”. A tal proposito, dubbi sono stati sollevati anche sulle voci variabili in bolletta, quali le garanzie d’origine e il dispacciamento (risp. 2.1, 2.5). Quanto alle prime, voce caratterizzante la fornitura di energia da fonti rinnovabili, è riconosciuto l’inserimento nell’agevolazione sia in sede di verifica dei requisiti di accesso al diritto al credito sia nel calcolo dell’effettivo credito d’imposta spettante. Per quanto concerne il dispacciamento, nonché il relativo rilevamento nel calcolo del costo medio, occorrerà valorizzarlo sulla base del costo effettivo dell’energia applicato dal fornitore. La centralità del sostenimento della spesa riferita alla pura componente energetica è confermata dalle modalità di calcolo del costo medio. Sia per le energivore che per le non energivore, essa non dovrà comprendere le imposte e gli eventuali sussidi. Tale esclusione riguarda la verifica dell’incremento del 30% tra i due trimestri di riferimento. Ai fini del calcolo del credito d’imposta è stato precisato che le imposte (già indicate in una categoria separata in fattura) non devono essere considerate nella base imponibile e che eventuali sussidi non devono essere detratti dalla spesa sostenuta, in quanto la norma non prevede tale ipotesi (risp.2.7). Non si può rilevare come la definizione di “sussidi”, ovvero - qualsiasi beneficio economico conseguito dall’impresa a copertura (totale o parziale) della componente energia elettrica e ad essa direttamente collegata - sia stato già foriero di numerose perplessità. Seguendo il filo che porta all’effettività del sostenimento della spesa e del consumo, per usufruire del credito d’imposta, si ha un incrocio tra normativa fiscale e dati tecnici. Se, infatti, il primo deve essere documentato mediante il possesso delle fatture di acquisto, principali documenti certificativi (risp.3.4), e ancorato ai criteri di cui all’articolo 109 TUIR, ciò non basta a definire i presupposti per il calcolo del beneficio. La risposta 3.6 precisa, infatti, che l’agevolazione non può essere determinata se non con riferimento ai consumi effettivi relativi al trimestre di riferimento. I consumi stimati, eventualmente fatturati in acconto dai gestori, non potranno essere presi in considerazione e, pertanto, non si potrà anticipare in base a questi l’utilizzo del bonus. La breve disamina di alcune delle principali risposte su quelli che sono gli elementi costitutivi dei bonus energetici, fornite in una circolare a prevalente contenuto tecnico, riporta alle vicende legate ad altri crediti d’imposta, come ad esempio quello R&S, dove l’incertezza tecnica ha condotto a rideterminazioni gravose per le imprese. Nel caso delle agevolazioni energetiche, l’oggetto ed il momento storico non possono contemplare il ripetersi di tali scenari. Sul punto, non può non rilevarsi l’introduzione, in sede di conversione del decreto Aiuti (D.L. n. 50/2022), del comma 3-bis all’art. 2, con il quale è posto a carico del venditore l’onere del calcolo del risparmio teorico previsto, per le sole imprese non energivore. Una previsione possibile solo nel caso in cui il fornitore di energia elettrica o di gas naturale dell’impresa destinataria del contributo non sia cambiato nei primi due trimestri del 2022 rispetto al primo trimestre 2019. Detto venditore, entro sessanta giorni dalla scadenza del periodo per il quale spetta il credito d'imposta, invia al proprio cliente, su sua richiesta, una comunicazione nella quale è riportato il calcolo dell’incremento di costo della componente energetica e l’ammontare della detrazione spettante per il secondo trimestre dell’anno 2022. La necessità di prevedere tale comunicazione ma, soprattutto, l’affidamento all’ARERA del compito di definirne il contenuto, fa riflettere sulla probabilità di errore, anche tecnico, rinvenibile nelle modalità di calcolo del credito d’imposta. L’errata determinazione del credito: tra inesistenza e non spettanza Quanto sin qui detto, porta a chiedersi quale sia la latitudine della eventuale indebita compensazione di tali crediti d’imposta. Il tema della distinzione fra crediti inesistenti e crediti non spettanti è uno dei temi che ha fatto più discutere in questi anni, soprattutto per le diverse conseguenze sotto il profilo sia accertativo che sanzionatorio. Non essendo questo il luogo per approfondire la complessa materia, basterà ricordare che, in base al dato normativo (art. 13, comma 5, terzo periodo, D.Lgs. n. 471/1997, novellato dal D.Lgs. n. 158/2015), i requisiti da considerare congiuntamente al fine di catalogare come inesistente un credito d’imposta risultano essere: - il difetto di uno o più degli elementi costitutivi del credito; - la non riscontrabilità della violazione del contribuente attraverso le procedure di controllo automatizzato delle dichiarazioni. Pertanto, ricordando che l’art. 36-ter, lettera d), del D.P.R. n. 600/1973, attribuisce agli uffici il potere di “determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti”, è pacifico concludere che la generalità della casistica relativa alle indebite compensazioni rientra certamente nelle ipotesi di utilizzo di crediti d’imposta non spettanti, sanzionabili nella misura ordinaria del 30% del credito indebitamente utilizzato. Un approccio, quello appena esposto, non solo individuato dalla dottrina (Principio di interpretazione n.1/2021 del Comitato scientifico del Modulo 24 Accertamento e Riscossione), ma corroborato anche dalla Cassazione nelle note sentenze n. 34443, 34444 e 33455 del 16 novembre 2021. Anche alla luce del fatto che il credito d’imposta per le imprese energivore (e non) dovrà transitare, al pari di altri crediti, nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, un’eventuale indebita compensazione dovrà essere considerata esclusivamente come utilizzo di un credito non spettante. Il contributo straordinario e il criterio della “tempestività” Una chiosa finale merita la risposta 5.1 della circolare n. 25/E/2022. Infatti, nell’ambito di una domanda mirata a comprendere se - in aderenza al principio di “simmetria” (cfr. risposta 2.2 della circolare n. 22/E/2022) - fosse possibile estrapolare dalle LIPE le operazioni attive non soggette ad IVA per carenza del presupposto territoriale, l’Agenzia precisa che “non concorrono alla determinazione della base imponibile solo se (e nella misura in cui) gli acquisti ad esse afferenti siano territorialmente non rilevanti ai fini IVA e, pertanto, per la mancanza del requisito della territorialità, non siano computabili nelle LIPE”. L’aspetto più “interessante” della risposta, però, sta nel fatto che, stante l’incertezza interpretativa e al fine di tutelare la buona fede del contribuente, l’Agenzia ritiene non sanzionabili i carenti versamenti in acconto effettuati entro il 30 giugno 2022, purché l’eventuale rideterminazione dell’importo effettivamente dovuto e il relativo versamento integrativo (comprensivo dei soli interessi) avvenga “tempestivamente”. Qual è l’esatto perimetro temporale della tempestività, ai fini della certezza del diritto e dell’uniforme trattamento di medesime fattispecie? L’Agenzia precisa che “la tempestività dell’eventuale versamento integrativo verrà valutata caso per caso dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate, anche in considerazione del grado di complessità dell’elaborazione dei dati alla base dei calcoli per la determinazione del contributo dovuto nella specifica fattispecie”.