Nella prossima dichiarazione dei redditi, difficilmente imprenditori, società e liberi professionisti potranno ipotizzare di adeguare i loro ricavi, compensi e redditi per risultare in linea con i parametri degli ISA e della normativa sulle società di comodo. Ovviamente si dovrà distinguere fra quanti, a causa dei provvedimenti emergenziali tutt’ora in atto, hanno dovuto sospendere o limitare fortemente l’attività e chi invece ha proseguito, più o meno normalmente, anche in questo difficile momento. Tralasciando i secondi, non si può infatti non considerare che anche se l’emergenza non ha avuto impatti diretti sui conti del periodo d’imposta 2019, è adesso che tali contribuenti si trovano in difficoltà, sia economica che finanziaria, per cui è nella prossima dichiarazione dei redditi e non in quella dell’anno 2020, che si troveranno di fronte a scelte e dovranno prendere decisioni in relazione alle due normative esaminate. L’emendamento al decreto Cura Italia Queste riflessioni si impongono alla luce del tentativo fatto durante i lavori di conversione in legge del decreto Cura Italia, dove si era ipotizzato, attraverso un apposito emendamento, di sospendere la disciplina delle società di comodo e di quelle non operative ma solo per l’esercizio in corso al 31 dicembre 2020. L’emendamento in oggetto, giusto per comprenderne la portata normativa, recitava esattamente così: “per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020, in considerazione delle condizioni straordinarie di svolgimento dell'attività economica a seguito delle misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 disposte con provvedimenti governativi, non si applicano le seguenti disposizioni in materia di: 1. società di comodo, di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724; 2. società in perdita sistematica, di cui all'articolo 2, commi 36-decies e 36-undecies del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138». Nonostante il via libera della Commissione Bilancio del Senato, l’emendamento è stato poi bloccato dalla Ragioneria Generale dello Stato e quindi, ad oggi, non vi sono attenuazioni a favore dei contribuenti sul fronte della disciplina delle società non operative e in perdita sistemica. Nè tantomeno sul fronte degli indicatori sintetici di affidabilità fiscale (i c.d. ISA). Per quanto riguarda gli indicatori, l’Amministrazione finanziaria sta infatti procedendo nella predisposizione dei tasselli tecnici e normativi necessari per l’utilizzo delle pagelle fiscali nella prossima dichiarazione dei redditi. È del 1° aprile 2020 il provvedimento direttoriale (prot. n. 150163/2020) con i quale sono state approvate le specifiche tecniche per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2019 (c.d. ISA precompilati). Ciò premesso vediamo quali potrebbero essere le armi comunque a disposizione dei contribuenti per evitare, o quantomeno attenuare, l’impatto di tali normative sia sul periodo d’imposta 2019 sia sul 2020. Società di comodo Secondo giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ormai più che consolidata, per poter giustificare il mancato superamento del test di operatività previsto dall’art. 30, legge n. 724/1994, la società deve fornire elementi oggettivi e circostanziati, estranei alla sua volontà, tali da giustificare il non raggiungimento di tali parametri (per tutti si veda da ultimo Cassazione n. 6812 dell’11 marzo 2020). Che nell’esercizio 2020 per molte società sussistano elementi oggettivi, assolutamente indipendenti dalle scelte dei suoi amministratori, in grado di determinare il mancato raggiungimento dei ricavi minimi previsti dal regime delle società di comodo è assolutamente evidente. Il problema è invece riuscire ad affrontare una situazione di non operatività (o di perdita sistemica) per l’esercizio chiuso al 31 dicembre 2019. La carenza di liquidità che si potrebbe essere generata a seguito dei provvedimenti emergenziali emessi in questi primi mesi del 2020, potrebbe costituire infatti un serio ostacolo all’adeguamento della società ai parametri minimi previsti dal regime antielusione in commento. Le conseguenze del mancato adeguamento, e quindi dello status di non operativa, potrebbero aggravare ulteriormente la crisi di liquidità della società a causa, ad esempio, del blocco dell’eventuale credito IVA. Se non vi saranno a breve specifici interventi normativi, per molte società l’ostacolo delle società di comodo nella prossima dichiarazione dei redditi potrebbe risultare dunque insormontabile. Un’ancora di salvezza potrebbe essere rappresentata da un elevato punteggio ISA in grado di far scattare la specifica esimente dal regime delle società di comodo e delle società in perdita sistemica. Quest’ultima considerazione conferma il legame, piuttosto stretto, fra le due normative in commento e che impone, qualora la si ritenesse necessaria, una soluzione normativa in grado di sterilizzare o quantomeno affievolire, l’impatto dei due strumenti in questo periodo di estrema difficoltà del nostro sistema economico. Indicatori sintetici di affidabilità fiscale Le istruzioni alla compilazione dei modelli ISA per il periodo d’imposta 2019 ricordano che sono esclusi dall’applicazione degli indicatori i contribuenti che si trovano in condizioni di “non normale svolgimento dell’attività”. Questa esclusione deriva direttamente dalla previsione contenuta nel comma 6 dell’art. 9-bis del D.L. n. 50/2017, ai sensi del quale “gli indici non si applicano ai periodi d'imposta nei quali il contribuente: a) ha iniziato o cessato l'attività ovvero non si trova in condizioni di normale svolgimento della stessa”. Sempre le istruzioni alla compilazione dei modelli ISA declinano il concetto di non normale svolgimento dell’attività con alcune esemplificazioni pratiche, a titolo non esaustivo, delle casistiche possibili. Fra gli esempi formulati, quelli che più si avvicinano alla situazione che molte imprese e professionisti stanno vivendo a causa dell’emergenza da Covid-19, figurano l’interruzione dell’attività per i più svariati motivi, provvedimenti disciplinari o sanzionatori compresi. Perché si possa ritenere sussistente la causa di esclusione, gli esempi contenuti nelle istruzioni al modello ISA, fanno riferimento a un’interruzione dell’attività che interessa la maggior parte dell’anno se non addirittura l’intero periodo d’imposta. Al di là di queste esemplificazioni pratiche, risulta del tutto evidente che il periodo d’imposta 2020 dovrà essere considerato, a tutti gli effetti, un periodo di non normale svolgimento dell’attività. Le misure restrittive messe in atto hanno infatti riguardato non singoli settori o aree geografiche ma l’intero paese, se non addirittura l’intero pianeta. Anche se l’interruzione delle attività non arriverà a coprire la maggior parte o l’intero esercizio, non vi sono dubbi che le ricadute economiche e finanziarie saranno tali da non poter essere sottoposte al giudizio di un software di calcolo non adatto, né tantomeno adattabile, ad una situazione emergenziale di così vasta portata, come quella in atto. Quanto sopra risolve però soltanto il problema dell’applicazione degli ISA all’esercizio 2020 ma lascia del tutto irrisolto il nodo, più attuale e stringente, dell’esercizio 2019. In assenza di uno specifico intervento normativo, nessuna delle cause di esclusione previste per l’applicazione degli ISA si rende infatti applicabile sulla base di una situazione emergenziale che si è verificata nei primi mesi successivi alla chiusura dell’esercizio. In una tale situazione i contribuenti dovranno dunque cimentarsi, a breve, con i quadri dei modelli ISA e con il software di calcolo delle pagelle fiscali per il periodo d’imposta 2019. Nel caso di punteggi negativi, nell’impossibilità di procedere ad un adeguamento dei ricavi e compensi dichiarati, il contribuente potrà fare ricorso al quadro note aggiuntive all’interno del quale giustificherà le scelte compiute sulla base dell’impatto che le misure restrittive in atto hanno avuto sulla propria attività.