Il decreto Agosto (D.L. 14 agosto 2020, n. 104) ha compreso l’importanza della rivalutazione dei beni d’impresa. Le imprese avranno ancora una volta l’opportunità di migliorare il proprio rating bancario, potendo, di conseguenza, accedere più agevolmente al credito. La rivalutazione dei beni potrà essere, a scelta del contribuente, anche gratuita. Inoltre, sono previste condizioni di maggior favore in quanto l’imposta sostitutiva da versare, al fine di ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori, è di gran lunga inferiore rispetto alle aliquote applicabili in occasione delle precedenti rivalutazioni. La misura è pari al 3%. In generale, però, l’intero impianto normativo è più favorevole per i contribuenti. Infatti, è possibile determinare le quote di ammortamento sui valori rivalutati già con decorrenza dall’esercizio 2021. Invece, i predetti valori incideranno sulla determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze dal 1° gennaio 2024. Soggetti interessati La disposizione di riferimento è rappresentata dall’art. 110 del D.L. n. 104/2020. La rivalutazione può essere effettuata dai soggetti passivi ai fini IRES di cui all’art. 73, comma 1, lettere a) e b) del T.U.I.R. Sono escluse le società che applicano i principi contabili internazionali. L’operazione riguarda, quindi, i seguenti soggetti: - le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato; - gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. La rivalutazione viene, quindi, consentita in deroga all’art. 2426 del codice civile e ad ogni altra disposizione di legge vigente in materia. Beni ed esecuzione della rivalutazione I beni rivalutabili devono essere iscritti nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. L’operazione deve essere eseguita e deve risultare dal bilancio relativo all’esercizio successivo. Pertanto, i contribuenti che hanno l’esercizio coincidente con l’anno solare, devono esporre i maggiori valori, quindi post rivalutazione, nel bilancio relativo all’esercizio 2020. I beni oggetto di rivalutazione sono le immobilizzazioni, le partecipazioni, a condizione che non siano iscritte nell’attivo circolante; sono esclusi i beni merce, cioè gli immobili alla cui produzione alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa. Un’ulteriore novità riguarda l’assenza del vincolo consistente nell’obbligo di rivalutare tutti i beni facenti parte della medesima categoria omogenea. Il punto è stato chiarito dalla relazione ministeriale al decreto. L’impresa potrà rivalutare anche un singolo bene. Ad esempio Se dal bilancio relativo all’esercizio 2019 risulta il possesso di tre unità immobiliari aventi classificazione catastale A/10, quindi facenti parte della medesima categoria omogenea, sarà possibile anche rivalutare solo uno dei tre cespiti. Si tratta di una previsione in grado di rendere più conveniente l’intera operazione considerata la maggiore discrezionalità riconosciuta ai contribuenti che potranno effettuate le scelte più vantaggiose in termini economici. Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato, in tutto o in parte, con l’applicazione in capo alla società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell’IRAP e di eventuali addizionali nella misura del 10%. Due soluzioni per le imprese Le imprese avranno a disposizione due soluzioni potendo effettuare una rivalutazione gratuita, senza ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori, e a pagamento, versando l’imposta sostitutiva del 3%, in modo da ottenere la rilevanza fiscale dei valori rivalutati. La duplice possibilità si desume dall’interpretazione letterale dell’art. 110 in esame. Infatti, la disposizione prevede che il maggior valore attribuito in sede di rivalutazione dei beni può essere riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IRAP, mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva. L’utilizzo dell’espressione “può essere riconosciuto” induce a ritenere che il contribuente è in grado di effettuare la stessa operazione senza il pagamento del tributo, gratuitamente. In tale ipotesi l’esposizione in bilancio del maggior valore sarà sicuramente legittima in deroga alla disciplina civilistica ordinaria. Invece, ai fini fiscali dovranno essere presi in considerazione i valori non rivalutati. Il legislatore ha così seguito la medesima impostazione del “decreto anti crisi”, cioè del D.L. n. 185/2008 che consentiva di effettuare, allo stesso modo, la rivalutazione gratuita dei beni di impresa. A tal proposito la circolare n. 11/E del 2009 dell’Agenzia delle Entrate, i cui contenuti sono ancora oggi validi, ha precisato che nell’ipotesi di rivalutazione gratuita, quindi senza ottenere il riconoscimento del maggior valore ai fini fiscali, il saldo attivo non costituisce riserva in sospensione di imposta, fermo restando la necessità di imputarlo a capitale o accantonarlo in una speciale riserva con esclusione di ogni diversa utilizzazione. Si tratta di un’ordinaria riserva di utili che in caso di distribuzione viene tassata in capo al socio come dividendo, ma non è imponibile in capo alla società. Riconoscimento del maggior valore ai fini fiscali Il maggior valore iscritto in bilancio viene riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IRAP con decorrenza dall’esercizio successivo. I contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare potranno determinare le quote di ammortamento tenendo conto dei valori rivalutati con decorrenza dall’esercizio 2021. Invece, nell’ipotesi di cessione a titolo oneroso, assegnazione, destinazione a finalità estranee o autoconsumo, i valori rivalutati sono riconosciuti dal 1° gennaio 2024, cioè con decorrenza dal quarto periodo di imposta successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita. Nell’ipotesi di cessione o “estromissione” dei beni anticipata, le plusvalenze e le minusvalenze devono essere determinate avendo riguardo ai valori dei beni non rivalutati. Imposta sostitutiva L’imposta sostitutiva, come già detto, ammonta al 3% dei maggiori valori esposti in bilancio. Sotto questo profilo l’operazione è molto più conveniente rispetto alle precedenti rivalutazioni. Il versamento, compreso l’importo dovuto nell’ipotesi in cui si proceda ad affrancare il saldo, può essere effettuato in un massimo di tre rate. La scadenza coincide con il termine previsto per il versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute ogni anno. Le imposte dovute a seguito della rivalutazione possono essere compensate con gli eventuali crediti fiscali vantati dal contribuente.