Durante questo periodo di “stop” quasi integrale del Paese, dovuto alla sospensione da Coronavirus delle diverse attività produttive in conseguenza dei numerosi decreti che si sono succeduti nel tempo, le imprese stanno soffrendo in particolare la carenza di liquidità. Il D.L. n. 23/2020 - decreto Liquidità - avrebbe dovuto facilitare l’accesso al credito bancario in conseguenza delle garanzie prestate dallo Stato, ma la “macchina” stenta a mettersi in moto e il denaro stenta ad arrivare nelle casse delle imprese. I ritardi riguardano anche la cassa integrazione e anche i lavoratori sono in sofferenza. I ritardi accumulati sono “pesanti” e anche l’annunciato decreto di aprile è slittato all’ultima settimana del mese. Non arriverà, però, neppure in questa occasione, denaro “fresco”, ma il Governo sta studiando la possibilità di “potenziare” il meccanismo delle compensazioni tra crediti e debiti fiscali. Lo strumento che il Governo intende utilizzare non è esattamente equivalente alla ricezione del denaro nelle proprie casse. Le compensazioni richiedono numerosi passaggi che determinano un incremento degli oneri amministrativi a carico delle aziende e dei professionisti. Le misure allo studio del Governo Una delle misure allo studio prevede l’incremento da 700.000 a 1.000.000 di euro del limite annuale previsto per le compensazioni orizzontali tra crediti e debiti fiscali. L’idea sarebbe quella di rendere immediatamente utilizzabile il nuovo plafond. Ciò con l’intento di dare subito respiro alle aziende che già dal 31 maggio 2020 sarebbero tenute a versare nelle casse dell’Erario l’IVA sospesa avente scadenza il 16 marzo, e lo stesso dicasi per i contributi e le ritenute. Successivamente, in data 30 giugno, le imprese saranno obbligate a versare anche gli importi sospesi di IVA, ritenute e contributi, relativi ai mesi di aprile e di maggio. Anche in questo caso, potrà essere utilizzato il maggior plafond a disposizione. La misura è sicuramente positiva, ma destinata soprattutto alle aziende di medie dimensioni. Inoltre, il nuovo limite è modesto rispetto alle richieste effettuate dalle aziende che chiedono un incremento fino a cinque milioni di euro. Sono però necessari ulteriori interventi a sostegno della liquidità delle imprese più piccole. Non si comprende per quali ragioni il legislatore non sia intervenuto ancora disponendo la sospensione degli avvisi bonari, nonostante la Corte dei Conti, nella relazione al decreto Cura Italia, abbia manifestato l’opportunità di un intervento in tal senso. Il Governo sta anche studiando lo stop dell’obbligo, gravante sull’agente della riscossione, di chiedere ai contribuenti, che presentano istanza di rimborso, di compensare preventivamente il credito verso il Fisco con i debiti tributari iscritti a ruolo. Le richieste delle imprese Durante questa fase così delicata per la sopravvivenza delle imprese sembra quasi che il Governo abbia messo in piedi una sorta di “catenaccio” insormontabile. Le imprese da tempo chiedono il “blocco” delle disposizioni di fine anno che hanno introdotto una complicata procedura di verifica delle ritenute sulle commesse in appalto e in subappalto, di importo superiore a 200.000 euro. Il Governo si è limitato a prorogare di pochi giorni il certificato di regolarità fiscale fino al termine del mese di giugno, necessario per “saltare” il complesso meccanismo, ma la misura è largamente insufficiente. Deve poi considerarsi che anche le misure che potenziano le compensazioni orizzontali richiedono l’apposizione del visto di conformità con una serie di controlli, a cura del professionista, che appone il visto, niente affatto agevoli. Le imprese hanno poi chiesto di velocizzare i rimborsi IVA laddove il credito del tributo tragga origine dall’applicazione del meccanismo dello split payment. È di tutta evidenza come in questa delicata fase stiano venendo alla luce tutti i “vincoli” che il legislatore ha progressivamente introdotto nel corso del tempo, e che hanno concorso a ridurre progressivamente la liquidità delle imprese. Ora le imprese non riescono a monetizzare i loro crediti che lo stesso legislatore ha concorso ad alimentare nel tempo. Si chiede allo Stato, quindi, di procedere a un brusco dietrofront, ma le forze politiche in campo tentennano e forse non c’è così tanto tempo a disposizione per la sopravvivenza delle imprese. Questa esperienza deve fare meditare e la prima misura da mettere in campo, anche nell’ottica di un ritorno graduale verso la “normalità,” dovrebbe consistere nell’eliminazione a regime di tutti questi strumenti che hanno concorso ad alimentare crediti non spendibili, se non con vincoli eccessivi, e che hanno costretto le imprese ad indebitarsi nel tempo.