Il disegno di legge di conversione del decreto Cura Italia, su cui il Senato ha votato la fiducia, congela la disciplina antielusiva per società di comodo e in perdita sistematica. Società di comodo Per società di comodo si intendono i veicoli societari che non esercitano un’attività commerciale effettiva e che, in quanto tali, non rispondono a esigenze di tipo imprenditoriale. Per tali società il legislatore fiscale ha previsto una normativa ad hoc. L’art. 30 della legge n. 724/1994, al comma 1, introduce una presunzione legale relativa che consente all’Amministrazione di qualificare una società “non operativa” laddove la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi ordinari imputati nel conto economico sia inferiore a un importo (presunto) determinato dall’applicazione al valore di specifici asset patrimoniali di alcuni coefficienti percentuali normativamente individuati. In tali ipotesi, l’Agenzia delle Entrate ha la facoltà di presumere, ai fini IRES e IRAP, il reddito del periodo di imposta sulla base della somma degli importi derivanti dall’applicazione di determinati coefficienti ai valori dei beni posseduti nell'esercizio e di richiedere ai soggetti coinvolti un’ulteriore maggiorazione IRES del 10,5% (1,5 % del valore di azioni o quote; 4,75% del valore di terreni e fabbricati iscritti tra le immobilizzazioni; 4% del valore degli immobili di categoria A/10; 3% degli immobili a destinazione abitativa acquistati o rivalutati nell’esercizio o nei due precedenti; 12% delle altre immobilizzazioni). Al contribuente, tuttavia, è lasciata la possibilità di chiedere la disapplicazione della normativa antielusiva presentando apposita istanza di interpello, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera b), legge n. 212/2000, dimostrando che il mancato raggiungimento del volume di ricavi presunto normativamente sia dipeso da situazioni oggettive. La ratio della normativa è quella di disincentivare fenomeni elusivi, ragion per cui, come univocamente chiarito dalla giurisprudenza tributaria di legittimità, la sua disapplicazione dipende dall’effettiva dimostrazione dell’esistenza di oggettive situazioni di carattere straordinario, specifiche e indipendenti dalla sua volontà, che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto. Società in perdita sistematica L’art. 2, comma 36-decies del D.L. n. 138/2011, modificato dall’art. 18 del D.Lgs. n. 175/2014, ha esteso l’ambito applicativo della disciplina delle società di comodo anche alle società in perdita sistematica. Si tratta, in particolare, delle società che, alternativamente: a) hanno dichiarato una perdita fiscale per cinque periodi di imposta consecutivi dichiarato una perdita fiscale; b) hanno dichiarato per 4 anni una perdita fiscale e per un anno un reddito inferiore a quello minimo pari all’ammontare della somma degli importi derivanti dall’applicazione, ai valori dei beni posseduti, delle percentuali previste dall’art. 30, comma 3, legge n. 724/1994. Per ricomprendere una società nell’ambito applicativo della disciplina antielusiva è, dunque, necessario prendere a riferimento l’intero periodo di osservazione. Una società, dunque, può essere qualificata in perdita sistematica nell’anno X, se ha dichiarato una perdita fiscale nei 5 anni precedenti o ha dichiarato una perdita fiscale in 4 dei 5 anni precedenti e in uno ha dichiarato un reddito inferiore a quello minimo. Al contrario, non potrà esserlo se in tre anni ha dichiarato una perdita e in due un reddito inferiore a quello minimo. Una società in perdita sistematica, in assenza di cause di esclusione o disapplicazione, oltre a dover dichiarare il reddito e il valore della produzione minimo previsto per le società di comodo, deve applicare una maggiorazione IRES del 10,5% se trattasi di società di capitali e non può chiedere a rimborso o utilizzare in compensazione il credito IVA derivante dalla propria dichiarazione. Considerazioni conclusive In considerazione dello stato di emergenza che sta investendo il tessuto produttivo del Paese, la formalizzazione dell’inapplicabilità delle esaminate discipline antielusive per il 2020 non può che essere giudicata positivamente. Pur non dubitandosi del fatto che, anche in assenza di una previsione ad hoc, l’Agenzia delle Entrate ne avrebbe disatteso comunque i contenuti in considerazione della giustificabilità della flessione dei ricavi che certamente si registrerà quest’anno, la certezza derivante da una previsione normativa appare ugualmente opportuna al fine, da un lato, di evitare ai contribuenti la presentazione di innumerevoli interpelli disapplicativi e, dall’altro, di fugare ogni dubbio in ordine all’inoperatività della disciplina riservata alle società in “perdita sistematica”.