Una modifica al decreto Liquidità, inserita nel corso dell’iter di conversione in legge, interviene direttamente sull’art. 66 del decreto Cura Italia in materia di erogazioni liberali. In particolare, viene aggiunto il nuovo comma 3-bis che così dispone: “Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, gli acquisti dei beni ceduti a titolo di erogazione liberale” si considerano come “effettuati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione ai fini della detrazione” prevista dall’art. 19 del D.P.R. n. 633/1972. In pratica, il legislatore ha introdotto una presunzione assoluta di inerenza dei predetti beni a condizione che siano utilizzati per effettuare le liberalità secondo quanto previsto dal citato art. 66 del decreto Cura Italia. I beni devono quindi essere destinati al finanziamento degli interventi di contenimento e gestione dell’emergenza sanitaria per il Coronavirus. La norma non prevede particolari limitazioni, se non il fatto che deve trattarsi di erogazioni liberali in natura destinate al contenimento alla gestione dell’emergenza epidemiologica. Per quanto riguarda il profilo temporale la disposizione interesserà le erogazioni liberali in natura effettuate nell’anno 2020. D’altra parte, l’art. 66 del decreto Cura Italia è entrato in vigore lo stesso anno. Quando entra in vigore la disposizione? Il vero problema sarà rappresentato dall’individuazione dell’entrata in vigore della disposizione. Il decreto Liquidità non fornisce alcuna indicazione circa la possibile portata retroattiva dell’inerenza, ma la soluzione dovrebbe essere positiva avendo riguardo alla finalità della disposizione. Il problema sarà quello di comprendere, nell’ipotesi in cui fosse confermata la portata retroattiva della modifica, come rettificare l’IVA precedentemente considerata indetraibile. Non sembra possibile il recupero dell’eccedenza non detratta all’interno di una qualsiasi liquidazione successiva. L’eccedenza non considerata in detrazione nel periodo di liquidazione, corrispondente alla data di registrazione della fattura di acquisto, dovrebbe essere rettificata in favore del contribuente, in sede di dichiarazione IVA annuale relativa al periodo di imposta 2020. All’interno del modello annuale dovrebbe emergere il maggior credito dovuto al recupero del tributo, ora considerato detraibile, stante la presunzione assoluta di inerenza dei beni acquistati e destinati alle liberalità poste in essere. La nuova disposizione risulta di particolare interesse per i soggetti passivi IVA che effettuano erogazioni liberali in natura di beni che non costituiscono oggetto dell’attività d’impresa, di costo unitario superiore a 50 euro la cui IVA, sulla base della disciplina ordinaria, risulterebbe indetraibile. Si tratta, ad esempio, delle imprese che hanno effettuato liberalità di beni diversi da quelli ordinariamente prodotti e commerciati quali mascherine di protezione, camici, lettini, prodotti disinfettanti, o altri dispositivi medici. Invece, qualora le liberalità fossero relative a beni di costo unitario non superiore a 50 euro, il problema non sussisterebbe. Infatti, stante la modesta entità del costo, l’IVA è in ogni caso detraibile ai sensi dell’art. 19-bis1, lettera h), D.P.R. n. 633/1972. A tal proposito deve essere ricordato che l’art. 124 del decreto Rilancio prevede l’esenzione dall’applicazione dell’IVA per le cessioni di specifici beni quali mascherine chirurgiche, camici, guanti in lattice e taluni dispositivi medici. In tal caso, però, la disposizione ha risolto il problema a monte riconoscendo altresì il diritto della detrazione dell’IVA all’atto dell’acquisto dei predetti beni.