Gli esiti dei controlli fiscali e degli avvisi di accertamento emessi nei prossimi mesi dalle Entrate saranno notificati solo nel corso del 2021. Lo prevede il decreto Rilancio pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 34 del 19 maggio 2020. Una proroga delle notifiche, nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, è prevista non solo per gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica in scadenza entro la fine del 2020, ma stessa sorte subiranno anche le comunicazioni di irregolarità ex articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972. Proroga annuale per la sola notifica Per esplicita previsione normativa, gli atti dovranno essere emessi nei termini decadenziali, ovvero entro il 31 dicembre 2020, ma potranno essere notificati entro la fine del 2021, fatte salve le ipotesi di atti caratterizzati da indifferibilità e urgenza o funzionali all’adempimento (come, ad esempio, atti con rilievi penali o un’adesione all’accertamento). Va, quindi, in soffitta la proroga biennale dei termini dell’accertamento, dapprima disposta dall’art. 67 del Cura Italia e poi espunta in sede di conversione del decreto, tramontando definitivamente quel riferimento all’art. 12 del D.Lgs. n. 159/2015 che aveva inquietato per due mesi molti interpreti. È stato, però, recepito l’avvertimento del direttore delle Entrate che aveva paventato come, in assenza di proroga, oltre 8,5 milioni di atti sarebbero stati notificati a partire da giugno, rischiando di travolgere la speranza di molti contribuenti di ripartire con serenità dopo il lockdown: ecco allora che il decreto Rilancio, con una fantasiosa scissione tra la data di emissione degli atti e quella di notifica degli stessi, si inventa una proroga annuale della sola notifica. Che, tuttavia, non si tratti di una misura di favore per il contribuente e che la norma sia stata progettata solo per garantire la tranquillità delle lavorazioni degli uomini di Ruffini (attività mai del tutto sospesa e solo rallentata in smart working) è reso evidente dalla circostanza che si sarebbero ben potuti già da giugno notificare gli atti in scadenza entro il 2020, semmai semplicemente sospendendo i termini di pagamento dei tributi da essi derivanti fino a fine 2021. Ad ogni buon conto, motivi per non essere troppo sereni ipotizzando il futuro dell’azione accertatrice vi sono anche nel cercare di immaginare il momento in cui gli Uffici dovranno indagare sul drammatico calo dei ricavi che molte imprese stanno subendo e al momento in cui un funzionario del Fisco dovrà pronunciarsi in merito alla fondatezza, o meno, di quanto dichiarato da un’impresa in questo periodo di imposta. Società non operative Una certa inquietudine, infatti, deriva dal fatto che nel corso della conversione in legge del D.L. n. 18/2020 si era cercato di disinfettare dalla pandemia fiscale, per il periodo d’imposta corrente, la disciplina riguardante le società non operative, riconoscendo per legge tale periodo come di “non normale svolgimento delle attività economiche”. Le necessità voraci delle casse erariali e l’assenza di copertura finanziaria lo hanno impedito. Come saranno trattate, allora, quelle società che negli anni precedenti superavano senza problemi i test di operatività, ma che ora potrebbero incontrare problemi a fare altrettanto? Si pensi a un’attività turistica, agli alberghi chiusi per mesi, i cui immobili e attrezzature, pur appostate in bilancio, in assenza di utilizzo non consentiranno di produrre alcun ricavo. Certo, la disciplina in argomento prevede già un codice dichiarativo per disapplicare gli automatismi presuntivi di legge, ma quale sarà la sensibilità degli uffici accertatori su questi temi? Nel modello Redditi 2021, le società potranno pacificamente indicare nel prospetto delle società non operative il codice di disapplicazione per insufficienza di ricavi del 2020, individuando autonomamente un’oggettiva situazione di disapplicazione senza essere poi chiamati a provarne il diritto in un contenzioso? ISA Anche per quanto riguarda gli ISA, le stesse istruzioni dei modelli ricordano che sono esclusi dall’applicazione degli indicatori i contribuenti che si trovano in condizioni di “non normale svolgimento dell’attività”. Al riguardo, non vi è chi non veda come, in presenza di un’interruzione dell’attività che interessa la maggior parte del periodo d’imposta, il 2020 dovrà essere considerato un periodo non normale e ciò sembrerebbe pacifico anche in assenza di uno specifico intervento normativo. Tuttavia, nel decreto Rilancio il legislatore si è limitato solo a immaginare una revisione degli ISA sulla scorta della situazione emergenziale, indicando agli uffici finanziari di tenerne conto nella selezione delle posizioni dei contribuenti da accertare: ma come sarà considerato chi dichiarerà un’evidente antieconomicità della condotta imprenditoriale nel 2020 e si fosse autoescluso dalla compilazione degli ISA per non normale svolgimento dell’attività? I controlli del Fisco si sono adeguati all’emergenza pandemica con un “cessate il fuoco” fino a fine anno ma, parafrasando una nota canzone, il futuro è ancora solo un’ipotesi.