L a L. 136/2018, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18.12.2018, in sede di conversione del D.L. 119/2018, ha apportato qualche modifica alla definizione delle liti fiscali pendenti pur mantenendo inalterato l’impianto generale dell’istituto: le novità concernono in particolare le riduzioni percentuali previste in caso di soccombenza dell’Erario. Controversie tributarie definibili La L. 136/2018 non ha modificato l’ambito delle controversie tributarie definibili: restano, pertanto, confermate quelle perplessità già evidenziate in ordine alle possibili asimmetrie che potrebbero verificarsi tra la definizione delle liti fiscali e gli ulteriori istituti previsti dalla L. 136/2018: i confini delineati dall’art. 6, infatti, se confrontati con le altre misure introdotte dal Legislatore, evidenziano ambiti operativi non del tutto coincidenti. Ambito soggettivo È confermato che le controversie tributarie definibili sono soltanto quelle in cui è parte l’Agenzia delle Entrate: sono, invece, escluse le liti fiscali in cui la qualità di parte è rivestita da enti diversi, come ad es. l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’Agenzia delle Dogane. Tale limitazione soggettiva, come già evidenziato, determina un’asimmetria difficilmente giustificabile perché, viceversa, le altre forme di definizione della L. 136/2018 riguardano anche gli atti emessi da altri enti impositori. Ambito oggettivo Le liti fiscali pendenti possono essere definite soltanto ove abbiano ad oggetto «atti impositivi», ossia «avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione sanzioni e ogni altro atto di imposizione». Anche sotto questo profilo, la L. 136/2018 non ha apportato alcuna modifica in sede di conversione nonostante la segnalata opportunità di estendere l’ambito oggettivo di applicazione agli atti di liquidazione delle imposte ovvero agli avvisi di irregolarità ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e/o ex art. 54, D.P.R. 633/1972. Il confermato riferimento alla natura «impositiva», per alcune tipologie di atti, invece, imporrà di verificare volta per volta se si tratta di atti che rientrano o meno nella definizione in esame e ciò a prescindere dal loro nomen iuris. In questo senso, infatti, gli avvisi di irregolarità ex art. 36-bis, D.P.R. 600/1973 e/o ex art. 54, D.P.R. 633/1972 esulano dalla definizione laddove si limitino a richiedere al contribuente imposte dichiarate e non versate o imposte derivanti da tassazione separata; tali atti, viceversa, rientrano nella definizione ove non si limitino a rettificare i dati indicati in dichiarazione perché, in quest’ultimo caso, non avrebbero l’effetto di mera liquidazione trattandosi piuttosto di atti impositivi veri e propri. Diversa è, invece, l’ipotesi del ruolo formato a seguito del controllo formale di cui all’art. 36-ter, D.P.R. 600/1973 che, viceversa, rientra nell’ambito oggettivo in esame: si pensi per es. alle controversie in cui si discute sulla spettanza di una detrazione o di un onere deducibile o di una ritenuta d’acconto subita e non versata dal sostituto, ecc. La stessa esigenza di verificare l’effettivo contenuto dell'atto concerne anche gli avvisi di liquidazione emessi per le imposte d’atto che in alcuni casi possono rivestire un valore solo liquidatorio (come l’imposta di successione richiesta mediante avviso in base alla dichiarazione di successione) ed in altri casi valore anche impositivo (come, per esempio, gli avvisi di liquidazione che disconoscono i benefici «prima casa» o che riqualificano un’operazione ex art. 20, D.P.R. 131/1986 che, al di là del nome, hanno natura sostanziale di accertamento e rettifica). L’esigenza di verificare volta per volta il contenuto di alcuni atti, peraltro, impone di non confidare nella sospensione automatica dei termini processuali e di rispettare gli ordinari termini di impugnazione ove sussistano dubbi sull’effettiva natura dell’atto impugnato in giudizio. Ambito temporale In sede di conversione non è stata apportata alcuna modifica al termine temporale di riferimento per verificare se la lite rientra tra quelle definibili. La definizione delle liti fiscali, pertanto, concerne le controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato entro la data del 24.10.2018 e per le quali alla data di presentazione della domanda di definizione il processo non si sia concluso con una pronuncia definitiva (art. 6, co. 4, D.L. 119/2018); in conformità all’interpretazione giurisprudenziale si è ritenuto, pertanto, di non escludere dall’ambito applicativo della disposizione (e, quindi, di ricomprendere) i ricorsi in primo grado soltanto notificati e per i quali alla data del 24.10.2018 non era stata operata la costituzione in giudizio. La circostanza che alla data del 24.10.2018 sia stata operata anche la costituzione in giudizio, peraltro, all’esito delle novità introdotte in sede di conversione, non è completamente indifferente: i ricorsi soltanto notificati alla data del 24.10.2018, infatti, possono essere definiti con il pagamento del 100% del valore della controversia laddove per i ricorsi per i quali a tale data sia stata pure operata la costituzione in giudizio tale percentuale si riduce al 90% (infra). Modalità di definizione agevolata La L. 136/2018, nel tentativo di dare più appeal all’istituto, ha ridotto le percentuali originariamente previste per definire le liti in caso di soccombenza del Fisco ed ha introdotto alcune novità rispetto al testo originario del D.L. 119/2018. TABELLA N. 1 – DEFINIZIONE DELLE LITI PENDENTI STATO % VALORE CONTROVERSIA Ricorso/reclamo notificato 100% Ricorso/reclamo notificato con costituzione in giudizio in primo grado 90% Sentenza sfavorevole al contribuente della CTP 100% Sentenza favorevole al contribuente della CTP 40% Sentenza sfavorevole al contribuente della CTR 100% Sentenza favorevole al contribuente della CTR 15% Ricorso pendente in Cassazione (e due sentenze favorevoli al contribuente nei gradi precedenti) 5% Ricorso pendente in Cassazione, CTP favorevole e CTR sfavorevole 100% Ricorso pendente in Cassazione CTP sfavorevole e CTR favorevole 15% Sentenza di rinvio della Cassazione favorevole al contribuente 90% Sentenza di rinvio della Cassazione sfavorevole al contribuente 90% Controversia su sanzioni non collegate al tributo 40% Controversia su sanzioni non collegate al tributo e sentenza favorevole al contribuente 15% Costo della definizione La definizione, ai sensi del co. 1 dell’art. 6, avviene con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ai sensi dell’art. 12, co. 2, D.Lgs. 546/1992 («Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste»). In sede di conversione, come anticipato, è stato però inserito il comma 1-bis che ha previsto una riduzione del costo della definizione al 90% del valore della controversia ove il contribuente, alla data del 24.10.2018, abbia già provveduto alla costituzione in primo grado. Tale riduzione, pertanto, dovrebbe trovare applicazione anche per l’ipotesi di pronuncia della Cassazione con rinvio; neppure in sede di conversione, infatti, è stato disciplinato il trattamento di tali fattispecie: considerato, però, che la relazione illustrativa al D.L. 119/2018 precisava che, nel caso di sentenza della Cassazione con rinvio, la controversia si considera pendente in primo grado senza decisione, per effetto dell’emendamento approvato deve ritenersi che anche in tali ipotesi la definizione potrà avvenire con il pagamento del 90% del valore della controversia: «si tratta comunque di una circostanza singolare atteso che, in caso di accoglimento da parte della Cassazione del ricorso dell’Ufficio, il contribuente ha sicuramente ottenuto almeno una sentenza di secondo grado favorevole, e magari anche di primo grado, ma non può beneficiarne. Se invece i giudici di legittimità hanno accolto le ragioni del contribuente egli non potrà beneficiarne dovendosi far riferimento alla pendenza in 1° grado. Ci sono poi i casi in cui, tra il 24 ottobre 2018 e la data di conversione sia intervenuta sentenza di legittimità favorevole all’Ufficio, dopo due gradi di giudizio favorevoli al contribuente. Al 24 ottobre, il procedimento era pendente in Cassazione, ora invece alla successiva data della conversione non è più pendente presso la Corte. Si tratta di comprendere se per queste ipotesi sia necessario il versamento del 90% o invece quello più favorevole previsto per le sentenze di merito che hanno accolto le ragioni del contribuente». In sede di conversione, inoltre, sono state ridotte le percentuali per la definizione della lite nel caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate nell’ultima od unica pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata alla data del 24.10.2018: è stato in particolare previsto che la definizione, in tale ipotesi, avviene con il pagamento del 40% del valore della controversia in caso di soccombenza in primo grado (in luogo del 50% originariamente previsto); del 15% del valore della controversia in caso di soccombenza in secondo grado (in luogo del 20% originariamente previsto). Con il comma 2-bis, inserito in sede di conversione, è stata oltretutto disciplinata l’ipotesi della soccombenza parziale alla quale, in precedenza, si faceva espresso riferimento soltanto nella relazione illustrativa; è previsto che «in caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita» occorre corrispondere l’intero importo del tributo per «la parte di atto confermata nella pronuncia giurisdizionale» e, viceversa, la percentuale di riduzione (40% o 15%) «per la parte di atto annullata»: in altre parole, la riduzione percentuale opera per la sola parte della controversia in relazione alla quale l’Erario sia risultato soccombente. In sede di conversione, viceversa, nonostante gli intendimenti in tal senso, non sono state espressamente escluse dal valore della lite quelle imposte per le quali non sussiste più «controversia» per essere stata, successivamente all’emissione dell’atto impositivo, manifestata rinuncia all’accertamento (autotutela) o alla impugnazione (acquiescenza) ovvero si sia già formato un giudicato interno: in tali ipotesi, in ogni caso, il valore della lite deve essere inquadrato nell’importo del tributo ancora oggetto di contestazione. La L. 136/2018 ha poi inserito una nuova previsione secondo cui le controversie tributarie pendenti in Cassazione, per le quali l’Agenzia delle Entrate risulti soccombente in entrambi i gradi di giudizio, la definizione può essere operata con il pagamento del solo 5% del valore della controversia. In riferimento a tale novità, però, occorre comprendere se per «controversie pendenti innanzi alla Corte di Cassazione» debbano intendersi i ricorsi già notificati ovvero quelli per cui è stata operata anche la costituzione presso la cancelleria della Cassazione ovvero quelli i cui termini di impugnazione della sentenza di appello non siano ancora spirati alla data di entrata in vigore della L. 136/2018 (19.12.2018): le prime due ipotesi, certamente più aderenti al testo della norma, comporterebbero che il nuovo beneficio del 5% sarebbe di fatto legato alla tempestività del ricorso dell’Agenzia delle Entrate alla data di entrata in vigore della L. 136/2018 in assenza del quale, viceversa, il contribuente potrebbe beneficiare soltanto della riduzione al 15%. Nessuna modifica è stata apportata alla definizione delle controversie tributarie afferenti sole sanzioni. La Legge di conversione, da ultimo, non ha apportato modifiche al procedimento per il perfezionamento della definizione.