Il decreto Crescita dispone, tra le molte novità di carattere fiscale, anche quella relativa ai redditi fondiari percepiti: è consentito al contribuente, per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020, di usufruire della detassazione dei canoni non percepiti senza dover attendere la conclusione del procedimento di convalida di sfratto, ma provandone la mancata corresponsione in un momento antecedente, ovvero mediante l’ingiunzione di pagamento o l’intimazione di sfratto per morosità. Contratti stipulati fino al 31 dicembre 2019 Secondo la versione “ante” decreto Crescita, la norma di riferimento contenuta nel TUIR (art. 26, comma 1) prevede che "i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale […] per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso". Il reddito dei fabbricati (ai sensi dell’art. 37 TUIR) è determinato sulla base delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe (o per i fabbricati a destinazione speciale mediante stima diretta). Per i fabbricati concessi in locazione a terzi, l’art. 37 prevede che il reddito fondiario è determinato assumendo il maggior ammontare fra il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5%, e la rendita catastale rivalutata del 5%. La riduzione forfetaria è elevata al 25%, per i fabbricati siti in Venezia centro, isola della Giudecca, Murano e Burano, e al 35%, per i fabbricati di interesse storico e artistico. In base alla regola generale ex art. 26 TUIR (secondo cui i redditi fondiari sono imputati al possessore indipendentemente dalla loro percezione), anche per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della imponibilità del canone, la materiale percezione di un provento. Pertanto, ove il reddito fondiario sia costituito dal canone di locazione, non rileva il canone effettivamente percepito dal locatore, bensì l'ammontare di esso contrattualmente previsto per il periodo di imposta di riferimento. La rilevanza del canone pattuito, anziché della rendita catastale, opera fin quando risulta in vita il contratto di locazione. Solo a seguito della cessazione della locazione, per scadenza del termine ovvero per il verificarsi di una causa di risoluzione del contratto, il reddito è determinato sulla base della rendita catastale. Immobili ad uso abitativo Per le sole locazioni di immobili ad uso abitativo (di cui all'art. 8, comma 5, legge n. 431/1998), l’art. 26 TUIR, ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore Conseguentemente, detti canoni non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d'imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti. Come precisato nella circolare del Ministero delle Finanze n. 150 del 1999, la disposizione, limitata ai soli immobili concessi in locazione ad uso abitativo, deroga al principio generale di imputazione dei redditi fondiari in quanto esclude dal reddito i canoni che non sono stati percepiti a condizione che lo stato di morosità del conduttore risulti da un accertamento giudiziale il cui procedimento abbia avuto termine. Immobili non abitativi Per le locazioni di immobili non abitativi il legislatore tributario non ha previsto una disposizione analoga. Ne consegue che: - il relativo canone, ancorché non percepito, va comunque dichiarato, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo; - le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi non potranno essere recuperate. Contratti stipulati dal 1° gennaio 2020 Per effetto della novità disposta dal decreto Crescita, in luogo di far decorrere la detassazione dal momento della conclusione del procedimento di convalida di sfratto per morosità, si dispone che la mancata percezione possa essere comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento. Ai canoni non riscossi dal locatore nei periodi d’imposta di riferimento e percepiti in periodi d’imposta successivi si applica la tassazione separata (art. 21 TUIR), con le regole previste per i redditi conseguiti a titolo di rimborso di imposte, o di oneri dedotti dal reddito complessivo ovvero per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti (art. 17, comma 1, lettera n-bis, TUIR). Di conseguenza, per tali redditi l'imposta è determinata applicando all'ammontare percepito l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui essi sono percepiti. Decorrenza Le norme introdotte hanno effetti per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020. Per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore delle disposizioni in commento resta fermo, per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, il riconoscimento di un credito di imposta di pari ammontare.