L’art. 119-ter del D.L. n. 34/2020 ha previsto una nuova detrazione riguardante le spese sostenute per la rimozione delle barriere architettoniche. La misura del beneficio fiscale è del 75 per cento ed è possibile fruirne in cinque quote annuali di pari importo. Si tratta, però, di un nuovo beneficio fiscale completamente diverso rispetto a quello già in vigore che comunque garantiva un vantaggio con riferimento alla medesima tipologia di spese. In buona sostanza il legislatore ha mostrato sicuramente maggiore sensibilità nel prevedere questo ulteriore e nuovo bonus presumibilmente tenendo in considerazione la rilevanza sociale delle predette spese. A tal proposito deve infatti osservarsi che la detrazione relativa alle spese sostenute per la rimozione delle barriere architettoniche è già prevista, a regime, dall’art. 16–bis, comma 1, lettera e) del D.P.R. n. 917/1986. In tal caso il beneficio fiscale è del 50 per cento con un massimale di spesa di 96.000 euro. La detrazione può essere fatta valere in dieci quote annuali di pari importo. Dal 1° gennaio 2025 la detrazione diminuirà al 36 per cento come pure il massimale che sarà pari a 48.000 euro. Deve poi considerarsi che trattandosi di una tipologia di intervento riconducibile alla disciplina dell’art. 16-bis del TUIR, il massimale di spesa di 96.000 euro è unico. Pertanto se, ad esempio, il contribuente dovesse effettuare anche interventi finalizzati al recupero del patrimonio edilizio, oppure interventi antisismici, il massimale di spesa sarà unico ed ammonterà a 96.000 euro. Deve poi anche considerarsi che con riferimento agli interventi la cui CILA sia stata presentata dopo il 16 febbraio 2023, non è più possibile fruire né della cessione del credito, né dello sconto in fattura. La detrazione potrà essere fatta valere unicamente all’interno del Modello Redditi. Invece, la detrazione di cui all’art. 119-ter in commento si pone su di un piano completamente diverso e collocandosi al di fuori dell’art. 16-bis del TUIR il beneficio risulterà sicuramente maggiore. Infatti, non solo la detrazione è del 75 per cento da far valere in cinque quote annuali di pari importo anziché in dieci quote, ma i limiti massimi delle spese agevolabili sono stabiliti con criteri diversi e non si cumulano con l’importo di 96.000 euro. Il limite di spesa ammonta a 50.000 euro per gli immobili unifamiliari o funzionalmente indipendenti; 40.000 euro per gli interventi su immobili in condominio, da moltiplicare per il numero di unità immobiliari non superiore a otto; 30.000 euro da moltiplicare per il numero di unità immobiliari superiore a otto che compongono l’edificio. I predetti limiti non “intaccherebbero” il plafond di 96.000 euro qualora il contribuente dovesse realizzare ulteriori interventi di cui all’art. 16-bis del TUIR. Inoltre, la nuova tipologia di detrazione ha anche un ambito temporale più ampio riguardando le spese sostenute nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2025. La detrazione può essere fatta valere unicamente per gli edifici già esistenti e non compete per gli interventi di demolizione e ricostruzione anche se qualificabili, dal punto di vista urbanistico, come interventi di ristrutturazione edilizia. Deve poi ancora considerarsi che il legislatore non ha “bloccato” la possibilità di beneficiare della cessione del credito o dello sconto in fattura. Inoltre, secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 17/2023, in assenza di specifiche disposizioni di legge la detrazione non utilizzata in tutto o in parte non si trasferisce in caso di decesso del contribuente che ha sostenuto le relative spese. La detrazione non si trasferisce neppure in caso di cessione dell’immobile oggetto di intervento. In tal caso, il contribuente che ha sostenuto la spesa può continuare a fruire della detrazione non utilizzata. L’indicazione proviene dalla stessa Agenzia delle Entrate.