Il comitato Affari economici e monetari del Parlamento europeo ha espresso pieno consenso alla nuova direttiva sul transfer pricing, proponendo al contempo di ridurre di un anno la sua entrata in vigore (2025 anziché 2026), di ripristinare il Forum congiunto dell'UE sui prezzi di trasferimento e di allinearsi il più possibile alle recenti linee guida dell'OCSE sui prezzi di trasferimento (pur riconoscendo che in seguito si potrebbe fare spazio alle linee guida dell'ONU). Inoltre, i deputati hanno chiesto che la Commissione, anziché il Consiglio, sia autorizzata a presentare ulteriori norme di attuazione in materia. In pratica, il Comitato intende imprimere una decisa accelerazione sul processo di adozione della riforma delle norme sui prezzi di trasferimento all'interno del mercato UE, mettendola per quanto possibile al sicuro dalle inevitabili mediazioni governative che potrebbero snaturarne in parte le finalità. In realtà, si tratta di un parere consultivo che quindi non ha impatti immediati né definitivi. Comunque, visto che l’argomento è altamente dibattuto e ha come interlocutori privilegiati centinaia di migliaia di aziende europee che ne saranno direttamente investite, è utile approfondire gli aspetti più innovativi della nuova direttiva, che avranno maggior impatto sulla corretta individuazione dei valori fiscali da attribuire alle operazioni tra imprese associate, membri della stessa impresa multinazionale, in riferimento al trasferimento di beni o servizi. I perché di una revisione così centrale nel fare impresa La motivazione a supporto di una revisione così profonda delle norme sul transfer pricing deriva dal fatto che quasi tutti gli Stati membri sono anche membri OCSE e si sono pertanto impegnati a seguirne i principi e le raccomandazioni. Tuttavia, nonostante l'impegno politico assunto dalla maggioranza degli Stati membri, lo status e il ruolo delle linee guida dell'OCSE sui prezzi di trasferimento attualmente variano anche significativamente da uno Stato membro all'altro. Inoltre, a livello dell'Unione le norme in materia di prezzi di trasferimento attualmente non sono armonizzate mediante atti legislativi, benché tutti gli Stati membri dispongano di una legislazione interna che prevede un approccio comune ai principi fondamentali. Tali disposizioni, tuttavia, non sono completamente allineate. Il fatto che ogni Stato membro goda di ampia discrezionalità nell'interpretazione e nell'applicazione delle linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento crea complessità e disparità di condizioni per le imprese. In tale quadro, l'obiettivo della proposta è quello di integrare i principi fondamentali in materia di prezzi di trasferimento nel diritto dell'Unione europea e quindi, secondo il principio di armonizzazione, stabilire un approccio comune per tutti gli Stati membri. Regole TP tra elusione fiscale e controversie La complessità delle norme in materia di prezzi di trasferimento e la loro diversa attuazione nel diritto nazionale degli Stati membri sollevano una serie di altri problemi tra cui, ad esempio, il trasferimento degli utili e la connessa elusione fiscale. E questo perché i prezzi di trasferimento possono essere facilmente manipolati per trasferire gli utili ed essere utilizzati nel contesto di sistemi di pianificazione fiscale aggressiva. Inoltre, i contenziosi sulla doppia imposizione lievitano di anno in anno e questo perché le amministrazioni fiscali non sempre condividono un interesse e un'interpretazione di valore attribuito alle transazioni. La soluzione della controversia richiede una rettifica primaria fondata (al rialzo) effettuata da un'amministrazione fiscale che dovrebbe a sua volta essere seguita da una rettifica corrispondente (al ribasso) da parte dell'altra. La seconda amministrazione fiscale dovrebbe pertanto ridurre la propria base imponibile, il che molto probabilmente è un'opzione che un'amministrazione fiscale preferirebbe evitare. E non è tutto, perché anche i costi di adempimento fiscale relativi ai prezzi di trasferimento sono significativi per le società transfrontaliere. Da qui la Commissione si è mossa per risolvere un tale groviglio studiando la revisione delle regole sul trasferimento dei prezzi. Cosa si propone la nuova direttiva La proposta intende, in estrema sintesi, introdurre nel diritto UE il principio di libera concorrenza, ad oggi non ancora fissato. Secondo la definizione dell'art. 3 della proposta, il principio di libera concorrenza è la norma internazionale che prescrive che le imprese associate debbano negoziare tra loro come se fossero terzi indipendenti. In altri termini, le operazioni tra due imprese associate dovrebbero riflettere il risultato che si sarebbe ottenuto se le parti non fossero collegate, ossia se le parti fossero indipendenti l'una dall'altra e l'esito (prezzo o margini) fosse determinato da forze di mercato (libero). Seguendo il filo dell’armonizzazione delle norme in materia di prezzi di trasferimento sono altresì introdotte definizioni comuni di principio di libera concorrenza e di imprese associate e stabilite disposizioni in materia di metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento, di scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento più appropriato, di analisi di comparabilità, di determinazione dell'intervallo di libera concorrenza e di requisiti della documentazione sui prezzi di trasferimento. In sostanza la direttiva intende creare stabilire, all'interno dell'UE, norme comuni vincolanti - e, in caso, rivedibili - su temi specifici in materia di prezzi di trasferimento nel quadro delle linee guida dell'OCSE sui prezzi di trasferimento. Le novità più rilevanti in dettaglio Iniziamo dall'art. 4, la cui disposizione intende garantire che il principio di libera concorrenza sia applicato in modo uniforme in tutta l'Unione. In pratica, gli Stati membri dovranno provvedere affinché, qualora un'impresa effettui una o più operazioni transfrontaliere commerciali o finanziarie con un'impresa associata, tale impresa determini l'importo dei suoi utili imponibili in modo conforme al principio di libera concorrenza. In base ad un comune principio di libera concorrenza, i prezzi di trasferimento saranno quindi verificati e potranno essere adeguati per riflettere i prezzi di operazioni comparabili sul libero mercato. Imprese associata Per rientrare nell'ambito di applicazione della norma generale di cui all'articolo 4, un'operazione infragruppo deve avvenire tra due entità associate. Pertanto, la direttiva introduce una definizione comune di impresa associata all'interno dell'Unione (art. 5). In pratica, per "impresa associata" si intende un soggetto, persona fisica o persona giuridica, incluse le stabili organizzazioni, che è legata a un altro soggetto in uno dei modi seguenti: - un soggetto esercita un’influenza significativa su un altro soggetto; - un soggetto partecipa al controllo di un altro soggetto attraverso una partecipazione che supera il 25 % dei diritti di voto; - un soggetto partecipa al capitale di un altro soggetto mediante un diritto di proprietà che, direttamente o indirettamente, supera il 25% del capitale; - un soggetto ha diritto al 25% o più degli utili di un altro soggetto. Tornando sulle stabili organizzazioni, la direttiva stabilisce che devono essere trattate, in materia di transfer pricing, come un'impresa associata e pertanto le operazioni interne tra sede centrale e stabile organizzazione dovrebbero essere determinate conformemente al principio di libera concorrenza. Rettifiche a moduli variabili in 180 giorni In tale ambito, scopo della direttiva, in particolare dell'art. 6, è di rendere più efficaci le modalità con cui gli Stati membri gestiscono le rettifiche degli utili imponibili di una società a seguito di operazioni transfrontaliere con un'impresa associata che non sono state effettuate alle normali condizioni di mercato. L'obiettivo principale è garantire che, in assenza di rettifiche corrispondenti, i contribuenti non subiscano una doppia imposizione. Per evitare questa possibilità, gli Stati membri potranno disporre di un nuovo meccanismo “rapido” (art. 6, par. 3) per l’effettuazione di rettifiche corrispondenti in alternativa al ricorso alle procedure amichevoli. Il ricorso a tale procedura accelerata, fast track, da concludersi entro 180 giorni e senza la necessità di avviare una procedura amichevole, è però condizionato al fatto che non sussistano dubbi sulla fondatezza della rettifica primaria. Infine, al paragrafo 5 del medesimo articolo è previsto che in assenza di una rettifica primaria gli Stati membri possano comunque effettuare una rettifica al ribasso, ma solo se sono soddisfatte le condizioni seguenti: - la rettifica è conforme al principio di libera concorrenza sia in linea di principio che per quanto riguarda l'importo; - un importo pari alla rettifica al ribasso è incluso nell'utile dell'impresa associata nell'altra giurisdizione e tassato sia nello Stato membro che nell'altra giurisdizione e quindi soggetto a doppia imposizione; - lo Stato membro cui è stato chiesto di effettuare la rettifica al ribasso ha comunicato all'amministrazione fiscale della giurisdizione pertinente l'intenzione di effettuare una rettifica al ribasso fornendo tutte le circostanze di fatto e di diritto necessarie per valutare la rettifica al ribasso in base al principio di libera concorrenza. All’art. 7 è anche illustrata la rettifica di compensazione avviata dal contribuente stesso a fine esercizio, la cui accettazione è subordinata alle seguenti condizioni: - prima dell’operazione il contribuente ha fatto il possibile per conseguire un risultato di libera concorrenza; - il contribuente effettua la rettifica in modo simmetrico nella contabilità in tutti gli Stati membri interessati e applica lo stesso approccio in modo coerente nel tempo; - la rettifica va concretizzata prima di presentare la dichiarazione fiscale; - il contribuente è in grado di spiegare perché le sue previsioni non corrispondevano al risultato ottenuto. Determinazione dell'intervallo di libera concorrenza In linea con le migliori prassi internazionali, l'art. 12 stabilisce che, quando l'applicazione dei metodi più appropriati produce un intervallo di valori, l'intervallo di libera concorrenza è determinato utilizzando l'intervallo interquartile che è l'intervallo dal 25° al 75° percentile dei risultati derivati dagli elementi comparabili non controllati. A l fine di ridurre al minimo le controversie e garantire un approccio comune in tutta l'Unione, la disposizione prevede inoltre che un contribuente non è soggetto a rettifica se i suoi risultati rientrano nell'intervallo interquartile, a meno che l'amministrazione fiscale o il contribuente dimostrino che uno specifico posizionamento diverso nell'intervallo sia giustificato dai fatti e dalle circostanze del caso particolare. E ancora, se i risultati di un'operazione controllata non rientrano nell'intervallo di libera concorrenza, le amministrazioni fiscali devono prendere in considerazione la mediana di tutti i risultati (il 50° percentile dell'intervallo dei risultati delle operazioni non controllate comparabili), a meno che il contribuente o l'amministrazione fiscale dimostrino che qualsiasi altro punto dell'intervallo determina un prezzo di libera concorrenza più affidabile nel caso specifico.