Diventare docenti senza 24 cfu: le novità della Riforma Bianchi sull’insegnamento

Tra i mestieri più belli del mondo, quello dell’insegnamento rappresenta una professione tanto complicata quanto soddisfacente. Contribuire al trasferimento del bene storico e culturale nazionale alle nuove generazioni resta una tra le aspirazioni più condivise dagli italiani.

Riforma Bianchi: addio al pacchetto dei 24 cfu

Si riapre la spinosa questione dell’insegnamento in Italia. Se in Europa la valutazione dei docenti resta viva, nel nostro Paese fatica ancora ad accendersi. Quest’anno il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi non perde tempo e riapre le discussioni nell’ambito didattico; questa volta, però, sul percorso formativo e sui requisiti ritenuti essenziali per raggiungere la cattedra.

Nello specifico, la riforma della scuola Bianchi mira a risolvere l’annoso problema della formazione: un percorso accademico complesso che rischia di allungare sensibilmente i tempi di acquisizione ufficiale del ruolo di docente. In sintesi, il pacchetto da 24 cfu, da conseguire accanto allo specifico titolo universitario, scomparirà in maniera definitiva. Protagonisti degli ultimi anni perché obbligatori nel reclutamento che prepara all’insegnamento, i 24 crediti per il concorso docenti saranno presto abbandonati.

Questi ultimi avevano valore certificativo sulle abilità dell’aspirante discente in:

  • pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione (6 cfu)
  • psicologia (6 cfu);
  • antropologia (6 cfu);
  • metodologie e tecnologie didattiche generali (6cfu).

I 60 cfu previsti dalla bozza della riforma

Addio 24 cfu, dunque; ma chi aspira all’insegnamento dovrà disporre di 60 nuovi cfu obbligatori, da acquisire durante la formazione secondo tre percorsi differenti:

  1. nel corso di studi universitari è obbligato a conseguire minimo 30 cfu, di cui 15 da tirocinio. La restante parte di cfu è riservabile nel post-laurea;
  2. portare a termine il conseguimento dei 60 cfu entro il periodo accademico;
  3. coloro che hanno maturato almeno 36 mesi di insegnamento, dovranno conseguire solo 30 cfu.

Come più volte ribadito dal Ministro dell’Istruzione Bianchi, investire sulla formazione degli insegnanti è essenziale per migliorare la qualità della didattica del Paese. Approvato di recente dal Consiglio dei Ministri, il testo cerca di alleggerire il percorso che abilita all’insegnamento, confermando l’essenzialità del requisito dei 60 crediti. Raggiungere la cattedra sarà più agile e intuitivo, ma soprattutto più comodo se si guarda alle potenzialità offerte dall’innovazione della teledidattica.

Al giorno d’oggi è infatti possibile conseguire i cfu universitari essenziali per il concorso docenti affidandosi all’offerta formativa delle università a distanza. Nella lista pubblicata da AteneiOnline sono riportate le più autorevoli, che coincidono con le università online riconosciute dal MIUR. Queste ultime sono 15 in Italia e rappresentano una valida alternativa alla tradizionale lezione in presenza.

Che sia presso la sede fisica o virtuale, la formazione rappresenta ancora oggi un ottimo investimento per ampliare il ventaglio di opportunità professionali. Il nostro Paese ne è consapevole e vanta ancora oggi un grande numero di studenti: l’Italia resta alta nella classifica europea per il suo elevato numero di discenti studiosi e volenterosi di apprendere.

La riforma Bianchi in 11 punti

In breve, ecco di seguito quanto previsto dalla riforma:

  • 60 cfu finalizzati all’insegnamento, pre e post-laurea, nei modi sopra citati;
  • sono previsti tirocini, con esame finale abilitante;
  • partecipazione a concorsi pubblici;
  • superato il concorso, è d’obbligo il servizio di prova per un anno;
  • dopo il servizio di prova è previsto un esame finale abilitante;
  • chi ha già maturato tre anni di insegnamento può direttamente accedere al concorso e periodo di prova;
  • con i tre anni di insegnamento e concorso vinto, bisogna poi conseguire 30 cfu e esame abilitante per passare di ruolo;
  • i docenti saranno obbligati alla formazione digitale;
  • i docenti dovranno sottostare a programmi di formazione continua sulla base di piani triennali;
  • la riforma prevede l’istituzione della Scuola di Alta formazione, ai fini della formazione continua;
  • la formazione continua riguarderà anche personale Ausiliario, Tecnico e Amministrativo.

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