I primi quattro articoli del decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2020 prevedono disposizioni atte a contrastare le indebite compensazioni nel modello F24. In particolare, la disposizione contenuta nell’art. 1 del D.L. n. 124/2019 conferma una prassi fiscale già adottata dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 140/E/2017 oltre che dalla giurisprudenza (CTP Milano 16 giugno 2019, n. 2719/19/19) al fine di prevenire frodi del contribuente, nel merito che l’accollante possa attuare compensazioni dei debiti fiscali di un terzo, con i propri crediti inesistenti. Cos’è l’accollo Analizzando la tematica sotto il profilo civilistico (art. 1273 c.c.), l’accollo è un contratto tra il debitore e terzo (accollante) con il quale quest’ultimo si assume l’obbligo di pagare al creditore. La disciplina civilistica, però, si scontra con le disposizioni tributarie in quanto, come si dirà più avanti, il debitore originario mai è liberato. Pertanto, il creditore non libera il debitore originario, al quale perciò l’accollante si affianca. Il D.L. n. 124/2019 regolamenta a pieno titolo l’istituto dell’accollo, quest’ultimo già disciplinato dalle disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente. In particolare, l'art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000) ammette: - che l'obbligazione tributaria possa essere estinta anche per compensazione (comma 1), - l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario (comma 2). In forza dello Statuto del contribuente è ammessa, quindi, la facoltà di quest’ultimo di accollarsi il debito altrui, senza la liberazione del debitore originario (coobbligazione solidale). Come chiarito anche dalla giurisprudenza, assumere volontariamente l’impegno di pagare le imposte dovute dall’iniziale debitore non significava assumere la posizione tributaria di quel soggetto passivo (accollato), bensì la qualità di obbligato (o coobbligato) in forza di quel contratto a suo tempo sottoscritto con il debitore originario. A riprova di quanto sopra, l’Amministrazione finanziaria poteva esercitare il suo potere di esazione solo nei confronti di chi era tenuto per legge a soddisfare il credito Fiscale, l’accollato. Autonoma rilevanza nei riguardi del Fisco La differenza sostanziale, oggi, disciplinata dal decreto fiscale, rispetto al passato, risiede nel merito, ovverossia che l’istituto dell’accollo ha un’autonoma rilevanza nei riguardi del Fisco e non solo tra le parti che hanno sottoscritto il contratto. La risoluzione n. 140/E/2017 si era pronunciata sulla non possibilità della compensazione di crediti e debiti riconducibili a soggetti diversi, rilevando il fatto che essi potessero essere portati “vicendevolmente” a compensazione solo se afferenti allo stesso soggetto passivo d’imposta. Da qui deriva l’origine del divieto di estinguere i debiti accollati, per mezzo dell’utilizzo dei crediti d’imposta dell’accollante. Proponiamo un esempio. Riferendosi sempre al quadro normativo previgente, si era diffusa una pratica comune attraverso la quale i contribuenti che accumulano importanti crediti nei confronti dell’erario, piuttosto che affrontare il percorso per l’ottenimento di rimborsi, preferivano “acquistare” il debito altrui, mediante un contratto di accollo, ottenendo così il pagamento dal debitore accollato di una somma inferiore rispetto all’entità del suo debito, per poi portarlo in compensazione. Il fisco, con la risoluzione n. 140/E richiamata, cercava di contrastare questo tipo di prassi sostenendo che essa non sarebbe ammessa dalla normativa fiscale. È opportuno però anche ricordare che la stessa Agenzia delle Entrate (risoluzione n. 286/E del 2009) ha istituito appositi codici identificativi (codici 61 e 62) da inserire nella compilazione del modello F24 al fine di consentire l’individuazione del soggetto cui il credito utilizzato in compensazione afferisce, qualora detto credito emerga da dichiarazioni o istanze riferite a soggetti diversi rispetto all’utilizzatore. In piena continuità interpretativa con il quadro normativo previgente, il decreto fiscale 2020 introduce una coobbligazione solidale dell’accollante, di carattere tributario, con divieto di utilizzare i crediti d’imposta propri per estinguere i debiti altrui, accollati. Ne deriva che il fisco potrà rivolgersi ugualmente sia al debitore originario che all’accollante, per il recupero dell’imposta e interessi. Pertanto, diversamente da quanto avviene tra i privati, in materia fiscale l’accollo non libera l’accollato dal debito fiscale. Sanzioni nei confronti dell’accollante Nella prassi quotidiana, laddove avvenisse la compensazione del debito fiscale con il credito dell’accollante, si avrebbero diverse conseguenze: - i versamenti in violazione delle nuove norme si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge. Fermo restando tutte quelle ulteriori responsabilità che esulano il carattere tributario, si applicano le sanzioni previste per gli omessi/ritardati versamenti (art. 13, commi 4 e 5, D.Lgs. n. 471/1997); - le sanzioni sono irrogate con atti di recupero, notificati entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la delega di pagamento; - l’accollante risponde della sanzione per utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistenti in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti (sanzione del 30% del credito utilizzato) e di quella per utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, per il pagamento delle somme dovute (sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi). Sanzioni nei confronti dell’accollato L’accollato risponde solo della sanzione per omesso o ritardato versamento di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 (sanzione del 30% dell’importo non versato). Nei confronti dell’accollato così l’Agenzia delle Entrate può recuperare l'imposta dovuta e gli interessi, importi per i quali lo stesso è coobbligato in solido. L’esistenza veritiera del credito dell’accollante Consideriamo che l’accollante, successivamente alla sottoscrizione del contratto di accollo con il debitore, compensi un proprio credito valido ed esistente con il debito accollato. In questo caso, è corretto ritenere che la sanzione del mancato versamento del debitore originario sia assorbita totalmente dalla sanzione per l’indebita compensazione dell’accollante? Se affermativa, la violazione tributaria è unica, e quindi sarà irrogata una sola sanzione, di cui risponderanno in solido accollante e accollato. Il pagamento della stessa libererà altrui coobbligato (art. 9 del D.Lgs. n. 472/1997). Se la prima valutazione non è corretta, allora le violazioni saranno ben due: omesso versamento del debito originario dell’accollato e indebita compensazione dell’accollante. In questa prospettiva, dovrebbe applicarsi nei confronti del singolo autore quanto sancito dall’art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997, che prevede l’aumento della sanzione più grave da un quarto al doppio. Consideriamo adesso che l’accollante, successivamente alla sottoscrizione del contratto di accollo con il debitore, compensi un “suo” credito, quindi inesistente, con il debito accollato. Ben più grave sarà la sanzione irrogata all’accollante, a motivo della scorretta e fraudolenta condotta. Per l’accollato verrà irrogata sanzione dell’art. 1, comma 3, lettera b), D.L. n. 124/2019 per la quale normativa egli risponderà solo della sanzione per omesso versamento. L’accollato non risponderà mai in solido con l’accollante dell’indebita compensazione con crediti inesistenti commessa dall’accollante. Periodo di decorrenza Verranno emanati appositi provvedimenti dall’Agenzia delle Entrate per l’attuazione della norma. È comunque da ritenersi in vigore sin da subito il divieto di estinzione dei debiti fiscali con i rispettivi crediti d’imposta.