Con l’ordinanza n. 15147 depositata il 3 giugno 2019, la Corte di Cassazione ha precisato che l’obbligo di acquisizione di documenti già in possesso dell’Amministrazione Finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche sussiste solo se il contribuente ha formalmente comunicato di averli già consegnati. Non è violato lo Statuto del contribuente e non esiste alcun adempimento a carico dell’Agenzia se non c’è la prova che fosse a conoscenza della consegna della documentazione ad ufficio di un’altra articolazione. IL FATTO L’Ufficio notificava ad una società un avviso di accertamento relativo ad un recupero ai fini Iva. La contribuente impugnava l’atto impositivo. Il ricorso veniva accolto dalla CTP. Il giudice di appello confermava la decisione di primo grado. In particolare, la CTR considerava corretto l’operato dei giudici di primo grado, che avevano annullato la pretesa, considerando incontestato che sia l’Agenzia delle dogane che l’Agenzia delle Entrate - coinvolte nei controlli effettuati nei confronti della società - facessero parte della stessa Amministrazione finanziaria, non potendo l’autonomia delle loro articolazioni, eliminare la loro unitarietà. L’art 6 comma 4, della L. 212/2000, secondo i giudici di appello, imponeva la cooperazione fra le diverse articolazioni dell’amministrazione, sicchè non risultando contestato che la documentazione richiesta alla società contribuente fosse già in possesso dell’Agenzia delle Dogane, la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto l’obbligo di acquisizione della documentazione presso le Dogane, era pienamente corretta. L’Ufficio proponeva ricorso per Cassazione, ritenendo violato l’art. 6 comma 4 della L. 212/2000. L’obbligo di acquisizione della documentazione presso distinta amministrazione, ossia l’Agenzia delle Dogane, sussisteva unicamente nel caso in cui il contribuente avesse formalmente comunicato l’esistenza di un contestuale controllo operato da parte dell’Agenzia delle dogane. L’Ufficio inoltre evidenziava che la società non aveva prodotto la documentazione richiesta, nonostante i plurimi inviti ricevuti. L’Agenzia delle Entrate non aveva conoscenza del controllo delle Dogane e pertanto non poteva autonomamente acquisire i documenti necessari. Ne conseguiva così che la conoscenza da parte dell’Ufficio rappresentava l’elemento necessario per ritenere sussistente l’obbligo di acquisizione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ufficio. Per la Suprema Corte, che richiama anche alcuni suoi precedenti, la giurisprudenza di legittimità è ormai ferma, nel ritenere che l’amministrazione fiscale sia tenuta a prendere posizione e a pronunziarsi in modo specifico e motivato su documenti in possesso della stessa. Tuttavia occorre che sia il contribuente a provare che una determinata circostanza a lui favorevole emerga dalla documentazione detenuta da un’amministrazione pubblica. Il giudice di appello si era disinteressato dell’aspetto relativo alla conoscenza da parte dell’Agenzia delle Entrate che la documentazione richiesta alla contribuente fosse nella disponibilità dell’amministrazione doganale; senza considerare altresì l’aspetto fondamentale relativo alla conoscenza di tale circostanza da parte dell’Agenzia delle Entrate. Di conseguenza, la CTR è incorsa in errore proprio nel ritenere che l’obbligo di acquisizione della documentazione da parte dell’Agenzia delle Entrate sussistesse, anche senza prima aver accertato che la società contribuente avesse formalmente portato a conoscenza della stessa, l’esistenza della documentazione presso l’Agenzia delle dogane. Sulla base di tali considerazioni la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio.