Enti associativi: l’analisi della Fondazione Accademia di Ragioneria

La Fondazione Accademia di Ragioneria ha pubblicato la nota operativa n. 10/2022 avente ad oggetto: “Gli enti associativi: qualificazione, attività, organi di amministrazione e controllo, agevolazioni, contabilità, tassazione, responsabilità ed estinzione”. Nel documento sono analizzati gli elementi caratterizzanti degli enti associativi che sono qualificati come un insieme di enti “privilegiati” nel consesso degli enti non commerciali, cioè di enti che non svolgono “attività d’impresa”. Tali enti sono civilisticamente disciplinati nel Libro I del Codice civile nella forma di associazioni e fondazioni, le quali hanno per oggetto l’esercizio prevalente di un’attività non commerciale e, subordinatamente al possesso di taluni requisiti, sono ammessi a fruire di alcune agevolazioni di natura sia civilistiche che fiscali. Tali enti possono anche svolgere, entro certi limiti e parametri, attività commerciali, pertanto il legislatore ha inteso separare le “attività non commerciali” svolte in conformità alle finalità istituzionali, da quelle che in ogni caso sono considerate “attività commerciali” e, pertanto, ha disciplinato giuridicamente e fiscalmente la natura di enti non commerciali da quelli commerciali. Le attività commerciali e non commerciali degli enti associativi Gli enti associativi, quali le associazioni e fondazioni di cui al Libro I del Codice civile, generalmente non svolgono attività commerciali, ma svolgono attività finalizzate al raggiungimento degli scopi sociali che non hanno finalità lucrative, tali enti di fatto svolgono: attività istituzionale: quella prevista dallo Statuto per raggiungere i fini istituzionali; attività commerciali, purché strumentali rispetto a quella istituzionale. L’art. 148 del TUIR detta una disciplina di dettaglio riservata ai soli enti non commerciali di tipo associativo, distinguendo l’attività esercitata in tre categorie: - Attività “istituzionale” ossia l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali; - Attività “commerciale” ossia le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese, ancorché in conformità a finalità istituzionali, agli associati o partecipanti verso il pagamento di corrispettivi specifici; - Attività “de-commercializzata” ossia le attività effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti di iscritti, associati o partecipanti o, comunque, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale anche se svolte verso associati, partecipanti e tesserati delle medesime. La nota operativa esamina nel dettaglio quelle che sono le attività commerciali e quelle non commerciali, definendone l’aspetto fiscale (art. 148 del TUIR) soffermandosi successivamente ad analizzare la “Riforma del Terzo settore” (D. Lgs. 117/2017) in cui il concetto di non commercialità viene trattato nel Titolo X dall’art. 79 nel quale viene stabilito che sono considerate attività non commerciali, le seguenti: - le attività di interesse generale, anche se convenzionate, accreditate, contrattualizzate, con amministrazioni pubbliche nazionali o sovranazionali, purché svolte a titolo gratuito, o dietro corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto conto dei contributi pubblici che, salvo gli importi di partecipazione alla spesa previsti dall'ordinamento, i ricavi non devono superare del 5% i costi per ciascun periodo d’imposta; - le raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerta di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenza campagne di sensibilizzazione; - i servizi in convenzione o accreditamento con amministrazioni pubbliche; - le entrate derivanti da contributi, sovvenzioni, liberalità; - quote e contributi associativi. Invece, lo stesso articolo 79, considera attività commerciali le seguenti: - le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati e dei familiari e conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici; - le attività di interesse generale se svolte in modo differente da quanto previsto dall'articolo 79 comma 2; - le attività diverse di quelle dell'art. 6 “Attività diverse”. Per le associazioni politiche, sindacali di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra scolastica della persona, inoltre, sono de-commercializzate le attività effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti di iscritti, associati o partecipanti o, comunque, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale anche se svolte verso associati, partecipanti e tesserati delle medesime. Non sono considerate commerciali e, quindi, sono altresì escluse dalla formazione del reddito, le cessioni, anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali (comma 2 dell’art.85 del Codice del Terzo settore). Per espressa previsione legislativa, sono considerate commerciali le attività di somministrazione pasti, di cessione di beni e prodotti per la vendita, di erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, di gestione di spacci e mense, di pubblicità commerciale di telecomunicazione e radiodiffusioni circolari. L'applicazione del regime di detassazione previsto per gli enti associativi è subordinata alla circostanza che nei relativi atti costitutivi e statuti, da redigere nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, siano inserite clausole volte a salvaguardare la democraticità della vita dell'associazione, con particolare riferimento alla stabilità del rapporto associativo e l'esercizio dei diritti di voto nelle assemblee e nella scelta degli organi amministrativi. Tali clausole devono altresì disporre il divieto di distribuzione anche indiretta di utili, la non trasmissibilità della quota di partecipazione, ad eccezione dei trasferimenti per causa di morte. Il reddito degli enti non commerciali Gli enti non commerciali, ai fini fiscali, sono soggetti passivi all’imposta sul reddito delle società, come disposto dal Titolo II del D.P.R. 917/1986. L’art. 143 del TUIR, con il comma 1 dispone che il reddito complessivo degli enti non commerciali residenti di cui alla lettera c) del comma 1 dell'art. 73 è formato dai seguenti redditi ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione: redditi fondiari; redditi di capitale; redditi d’impresa; redditi diversi. Non sono soggetti ad imposizione, ai sensi del comma 3 dell’art. 143 del TUIR, i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche occasionali anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. Sono altresì esclusi dall'imponibile contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento convenzionato al regime di accreditamento di attività aventi finalità sociale esercitati in conformità ai fini istituzionali. L’esclusione dalla tassazione dei fondi derivanti da raccolte pubbliche è, quindi, subordinata alle seguenti condizioni: - deve trattarsi di iniziative occasionali; - la raccolta dei fondi deve avvenire in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; - i beni ceduti per la raccolta fondi devono essere di modico valore. Gli enti di tipo associativo, costituenti una specie del più ampio genere degli enti commerciali, sono assoggettati, in via generale, alle imposte sia dirette che indirette. In presenza di alcune condizioni espressamente previste dalla legge, gli enti associativi, ai fini della tassazione e della tenuta delle scritture contabili, possono avvalersi di determinati regimi agevolati per le attività commerciali svolte. I regimi agevolati previsti dalla legge sono i seguenti: 1) il regime semplificato; 2) il regime forfetario di cui all’art 145 del TUIR; 3) il regime forfetario degli enti del Terzo settore di cui all’art. 80 del D. Lgs. 117/2017; 4) il regime forfetario di cui alla Legge 398/1991, limitatamente ad associazioni sportive dilettantistiche ed altre associazioni senza fini di lucro; 5) il regime ordinario. Le associazioni e le fondazioni La Nota operativa analizza nel dettaglio le associazioni e fondazioni ossia gli enti disciplinati dal Libro I del Codice civile e anche contemplate dal Decreto legislativo 3 luglio 2017 recante “Codice del Terzo settore”. Le associazioni sono distinte in: associazioni riconosciute e non riconosciute; le prime sono quelle che hanno richiesto ed ottenuto il riconoscimento della personalità giuridica. L’acquisizione della personalità giuridica non è un obbligo ma è una facoltà. L’associazione che ha ottenuto il riconoscimento giuridico ha un’autonomia patrimoniale perfetta, cioè la dotazione di un autonomo patrimonio, mentre l’associazione non riconosciuta è dotata solo di un fondo comune. Da ciò deriva che per le obbligazioni assunte delle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono fare valere i loro diritti sul fondo comune, ma delle stesse obbligazioni ne rispondono “personalmente e solidamente” le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione. Le fondazioni sono enti che si avvalgono di un patrimonio per perseguire uno scopo non economico e sono dotate della personalità giuridica e, pertanto, viene creato un patrimonio separato caratterizzato da un vincolo di destinazione. Il riconoscimento della personalità giuridica è essenziale in quanto, in mancanza, a differenza delle associazioni, giuridicamente la fondazione non potrà operare.

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