L'esenzione in materia di ICI è attribuita solo in presenza di determinate condizioni, indipendentemente dalla categoria di accatastamento dell’immobile. A tal fine, occorre che si tratti di attività non commerciale e rientrante nella categoria di quella religiosa, condotta da enti pubblici o privati che non svolgano in via esclusiva o principale attività commerciali. A confermare questo principio è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 22223 depositata il 5 settembre 2019. IL FATTO Ad un ente religioso veniva notificato da parte del Comune di appartenenza un avviso di accertamento, per il recupero a tassazione dell’ICI non versata nel p.i. 2008. Secondo l’Amministrazione Finanziaria non era applicabile l’esenzione prevista in ambito immobiliare (art. 7 D.Lgs n. 504/1992) dal versamento dell’imposta per gli istituti religiosi che, in detti fabbricati svolgono attività religiosa, in quanto si trattava di una casa per ferie. Avverso detto provvedimento l’Ente proponeva ricorso innanzi alle Commissioni Tributarie, ottenendo in entrambi i gradi di giudizio un parziale accoglimento delle proprie eccezioni. I giudici di appello, in particolare, motivavano la limitazione della superficie tassabile, sul presupposto che non era stato dimostrato da parte del ricorrente un uso diverso rispetto a quello per il quale l’immobile era stato accatastato. Avverso detta pronuncia, l’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso in Cassazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto in parte le doglianze dei ricorrenti, cassando la sentenza della Ctr e rinviando la trattazione ad altra sezione. I giudici di legittimità motivano la decisione, da una interpretazione comune del testo della norma in esame (art. 7 D.Lgs n. 546/1992) a seguito delle modifiche intervenute, secondo cui deve essere escluso dall’esenzione un fabbricato nel quale un ente religioso svolge attività a dimensione imprenditoriale anche se non prevalente. La ragione, spiega la Corte, risiede nel fatto che la predetta esenzione è prevista solo per immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di particolari attività legate alla religione oppure al culto. In tutti gli altri casi occorre verificare se le diverse attività, ancorché esercitate da enti religiosi siano svolte per qualche scopo istituzionale protetto. Pertanto, concludono i giudici di legittimità, ai fini dell’applicazione del privilegio fiscale in esame, non è sufficiente la categoria di accatastamento dell’immobile, ma occorre la prova della sussistenza di: a) un requisito soggettivo comprovante che l’attività sia svolta da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale; b) un requisito oggettivo comprovante che l’attività svolta non sia commerciale e rientri nella categoria di quella religiosa. Nel caso di specie la Ctr ha disposto un parziale accoglimento dell’esenzione, senza verificare l’effettiva presenza dei requisiti richiesti, limitandosi a condividere il giudizio del giudice di prime cure. Da qui l’accoglimento del ricorso.