In tema di Ici, le condizioni dell'esenzione sono cumulative nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell'ente, sia del requisito oggettivo. Lo ha precisato la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21105 del 7 agosto 2019. IL FATTO La controversia ha ad oggetto l'impugnativa di due avvisi di accertamento per l'omesso versamento dell'ICI negli anni 2006 e 2007 con riguardo ad alcuni immobili posseduti da una Associazione, ritenuti dal Comune non esenti dall'imposta ai sensi dell'art. 7, comma 1, lett. i, del d.lgs. n. 504 del 1992. La Ctr, riformando la decisione di primo grado, ha accolto il ricorso della contribuente. Avverso tale decisione il Comune ha proposto ricorso per cassazione, censurando la decisione della Ctr per avere disatteso i criteri di esenzione previsti dalla normativa e per non avere tenuto conto della circolare interpretativa fornita dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia n. 2 del 26 gennaio 2009, nonché dell'indirizzo di legittimità secondo cui, ai fini dell'esenzione, è necessario un accertamento in concreto del tipo di attività svolta negli immobili oggetto di accertamento. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. L’art. 7 comma 1 lett. i) del d.lgs. n. 504 del 1992 nel testo vigente dal 01/01/2003 al 03/10/2005 disponeva l'esenzione Ici per "gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive". Tale art. 7 è stato integrato e modificato, dal d.l. n. 203 del 2005, art. 7, comma 2 bis, convertito in legge n. 248 del 2005, che aveva esteso l'esenzione alle attività indicate dalla medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse. La norma ha, poi subito, un'ulteriore modificazione, con il d.l. n. 223 del 2006, art. 39, convertito con modificazioni nella legge n. 248 del 2006 che, sostituendo il comma 2 bis, del citato art. 7, ha stabilito che l'esenzione disposta dal d.lgs. n. 504 del 1992 art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera "che non abbiano esclusivamente natura commerciale". Le modifiche legislative ora riportate non si applicano retroattivamente, trattandosi di disposizioni che hanno carattere innovativo e non interpretativo. Ciò premesso, precisa la Suprema Corte che le condizioni dell'esenzione sono cumulative nel senso che è richiesta la coesistenza, sia del requisito soggettivo riguardante la natura non commerciale dell'ente, sia del requisito oggettivo in forza del quale l'attività svolta nell'immobile deve rientrare tra quelle previste dall'art. 7 citato; deve, in particolare, trattarsi di immobili destinati direttamente ed in via esclusiva allo svolgimento di determinate attività tra le quali quelle dirette all'esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all'educazione cristiana. Con riguardo alla verifica del requisito oggettivo è, pertanto, irrilevante, la destinazione degli utili eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi; tale elemento, costituendo una fase successiva, non fa, infatti, venir meno il carattere commerciale dell'attività. Per escludere la natura economica dell'attività è necessario che essa sia svolta a titolo gratuito o dietro il versamento di un importo simbolico. Da tali rilievi consegue l'irrilevanza delle argomentazioni sulle finalità solidaristiche che connotano le attività svolte dalla parte contribuente. Orbene, ad avviso della Cassazione la parte contribuente non aveva assolto l'onere probatorio, posto a suo carico, circa la natura non commerciale dell'attività svolta.