Non servono formalismi per testimoniare l’esistenza di un’attività di direzione e coordinamento societaria. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24943 del 7 ottobre 2019, con la quale è stato accolto il ricorso presentato dal curatore di un fallimento che si era visto respingere la richiesta di ammissione al passivo della (presunta) capogruppo, a sua volta, poi, dichiarata fallita. Il tribunale aveva sostenuto l’impossibilità della dimostrazione di esistenza di una holding perché la costituzione della capogruppo sarebbe stata solo successiva al fallimento della controllata. A venire valorizzata in questa lettura era l’operatività in tempi diversi delle società coinvolte. La Cassazione puntualizza innanzitutto natura e fisionomia della norma di riferimento, l’articolo 2497 del Codice civile sulla responsabilità nelle holding di chi esercita l’attività di controllo in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale. Responsabilità che ha come fondamento il pregiudizio provocato alla redditività e al valore della partecipazione sociale. La Corte sottolinea che la norma è ispirata al principio di effettività, nel senso che disciplinano «la dinamica di un “fatto”, e precisamente il fatto dell’abuso di attività di direzione e coordinamento ottenuto mediante esercizio effettivo della corrispondente influenza sulle società assoggettate». La sentenza mette in evidenza che «l’apprezzamento di esistenza di un gruppo implica certamente l’esistenza di più società, ma non che la costituzione delle medesime o dell’ente di controllo debba essere desunta da atti formali». Ancora meno necessario poi è che le diverse società controllate siano tutte contemporaneamente operative. Una conclusone che, a giudizio della Corte, è confermata anche dalla lettura dell’articolo 2497 bis che prescrive alla società controllata di indicare la società o l’ente alla cui attività di direzione e coordinamento è soggetta negli atti e nella corrispondenza e, comunque, attraverso l’iscrizione nella sezione speciale del Registro delle imprese. Prescrizioni alle quali però, si premura di osservare la Cassazione, non si può assegnare un valore di efficacia costitutiva del gruppo, ma una semplice funzione di pubblicità-notizia. In sostanza, afferma ancora la sentenza, tutte le formalità richieste per la costituzione delle società e la stessa iscrizione al Registro non hanno efficacia costitutiva del gruppo; inoltre, neppure la pubblicità in sè e per sè produce l’effetto di determinare l’inizio dell’attività di direzione e coordinamento, «perché su tutto prevale, in tema di gruppi, il principio di effettività, con riferimento all’inizio, allo svolgimento e alla cessazione dell’attività considerata dalla legge; donde rilevante resta la situazione di fatto, al di là degli indici formali». E la sentenza precisa infine come il fallimento di una delle società del gruppo non produce come conseguenza la dichiarazione di inesistenza del gruppo stesso.