Estinzione della società: illegittima la cartella notificata al socio per l’intero debito

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28817 depositata il 17 ottobre 2023, ha ribadito un principio molto importante, che si riflette su di una questione che spesso incute timore negli operatori del settore. I giudici hanno sancito che: - tra soci di società di capitali estinta e società non c’è alcuna forma di solidarietà quindi l’Erario non può chiedere al socio il debito vantato nei confronti della società; - si tratta di un debito non azionabile nei confronti del socio, quindi è irrilevante che sia stato dichiarato inammissibile il ricorso del socio contro l’accertamento della società a lui notificato. In sentenza si legge: “nella vicenda in esame l’Amministrazione finanziaria non ha mai comunicato al socio S., mediante apposito avviso di liquidazione, le ragioni della pretesa vantata nei suoi confronti. L’Amministrazione finanziaria ha emesso la cartella esattoriale a lui notificata a titolo personale perché l’impugnativa del socio avverso l’avviso di accertamento redatto nei confronti della società, non nei suoi confronti, era stato dichiarato inammissibile, ma non ha formato alcuna richiesta di pagamento nei confronti del socio, prima di notificargli l’atto esattivo, e non disponeva di un titolo nei suoi confronti”. Non si tratta di stabilire quando il socio può essere ritenuto responsabile dei debiti sociali, se ai sensi dell’art. 2495 del codice civile (nei limiti di quanto riscosso da bilancio di liquidazione) o del tanto temuto art. 36 del DPR 602/73. Men che meno il problema riguarda la legittimazione processuale a seguito del DLgs. 175/2014, secondo cui per i cinque anni successivi alla richiesta di cancellazione la società è ancora in vita, ai fini della notifica degli atti impositivi. Il problema è connesso alla condotta che può/deve tenere il socio quando, del tutto illegittimamente, riceve la notifica di un atto intestato alla società. Secondo un orientamento tale atto non può essere impugnato dal socio essendo il ricorso inammissibile per mancanza di legittimazione; tanto, l’atto non può produrre nessuna forma di riscossione a danno del socio (si veda la Cass. 3 novembre 2011 n. 22863). Altro orientamento ritiene che il liquidatore (lo stesso può dirsi per il socio) ricevente un atto in virtù di una sua responsabilità “personale” inesistente può ricorrere con il fine di far dichiarare la sua carenza di soggetto passivo d’imposta (Cass. 17 dicembre 2013 n. 28187). Se non ricorre, rischia di essere raggiunto dal successivo atto di riscossione. Ecco perché può essere opportuno il ricorso. In un certo senso, è quello che sembra essere accaduto nel caso di specie. Il socio risulta aver impugnato tardivamente l’atto a lui notificato ma rivolto alla società e per questa ragione è stato raggiunto dalla cartella di pagamento. La Cassazione conferma che la pretesa, nei confronti del socio, non può essere azionata quindi poco importa, in breve, che il suo ricorso contro l’atto in capo alla società sia stato dichiarato inammissibile.

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