L’Agenzia delle Entrate ha emanato la risposta a interpello n. 142 del 14 maggio 2019 in tema di auto-fatture per estrazione dei beni da un deposito IVA. Come è noto, dal 1° gennaio 2019 per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e per le relative variazioni, sono emesse esclusivamente fatture elettroniche utilizzando il Sistema di Interscambio. La normativa comunitaria ha autorizzato l’Italia ad applicare misure speciali, al fine di consentire un’applicazione della fatturazione elettronica obbligatoria generalizzata sul territorio nazionale. In particolare, l’Italia è stata autorizzata ad accettare come fatture documenti o messaggi solo in formato elettronico se sono emessi da soggetti passivi “stabiliti” sul territorio italiano, diversi da soggetti che beneficiano della franchigia delle piccole imprese, nonché a disporre che l’uso delle fatture elettroniche emesse da soggetti stabiliti sul territorio italiano non sia subordinato all’accordo del destinatario. Tale autorizzazione è stata pienamente recepita dal legislatore per cui i soggetti identificati tramite identificazione diretta ovvero rappresentante fiscale non sono tenuti alla fatturazione elettronica. Da tale regola generale non si sottrae l’estrazione dei beni dai depositi IVA, operazione per la quale si prevede che il soggetto che procede all’estrazione annota nel registro una autofattura o la fattura “integrata” proveniente dall’operatore estero comunitario. Per cui il rappresentante fiscale potrà procedere all’emissione delle autofatture in modalità analogica o elettronica extra SdI. I depositi IVA e l'estrazione di merce negli stessi contenuta non si sottraggono alle regole generali in materia con riferimento: - l’obbligo di fatturazione elettronica; - l’esclusione dagli obblighi di fatturazione elettronica per i rapporti con soggetti non residenti o stabiliti in Italia, ferma la possibilità di procedere, in tal caso, su base volontaria. Occorre evidenziare che nel caso di operazioni effettuate senza pagamento dell'imposta sul valore aggiunto, oggetto di documentazione secondo la loro diversa tipologia, non sono soggette ad imposta, mentre l'estrazione dei beni da un deposito IVA, anche laddove ad opera dello stesso soggetto che ve li ha introdotti, ne comporta l'assolvimento. Si tratta di un'ipotesi di reverse charge, che può dar luogo all'emissione di una autofattura o all'integrazione di quella ricevuta dal cedente, in cui il documento, integrato con i dati della sua registrazione, deve essere consegnato in dogana al fine di ottenere lo svincolo della garanzia prestata per l'introduzione dei beni nel deposito IVA importati in libera pratica. Per cui a fronte della già avvenuta documentazione delle cessioni, l'autofattura costituisce un’integrazione del documento originario al fine di assolvere al debito d'imposta, non diversamente da quanto accade, in generale, nelle ipotesi di reverse charge. In determinate ipotesi, non c'è corrispondenza tra valore del bene introdotto nel deposito e valore del bene estratto. Ne consegue che in tale evenienza, l'autofattura debba seguire le regole generali ed essere, in assenza di eccezioni o divieti, elettronica tramite SdI. Ne consegue che le autofatture emesse per l'estrazione dei beni da un deposito IVA possono essere analogiche o elettroniche extra SdI, con obbligo di fattura elettronica via SdI nel solo caso in cui il bene, estratto dall'operatore italiano, durante la permanenza nel deposito sia stato oggetto di una prestazione di servizi, territorialmente rilevante in Italia, che ne ha modificato il valore.