Evasione Iva: nel calcolo della soglia di rilevanza penale anche i costi di esercizio

Ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva, l’ammontare dell'imposta evasa va determinata sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18595 del 3 maggio 2019. IL FATTO Il titolare di un'impresa individuale ometteva di presentare la dichiarazione Iva dell’anno 2009, relativa all'anno precedente, evadendo in tal modo un’imposta sul valore aggiunto di euro 161.040,00. Inoltre, occultava o distruggeva le scritture e i documenti contabili, limitatamente alle fatture emesse negli anni 2006 e 2007, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. Veniva pertanto disposto il sequestro per equivalente dei beni dell'imputato fino alla concorrenza della somma di euro 140.000,00, pari all'Iva non versata. Sia in primo che in secondo gravo veniva confermata la condanna a carico dell'imputato. Nel ricorso per cassazione, l'imputato censura la decisione della Corte territoriale per l'improprio ed erroneo rilievo attribuito all'accertamento induttivo effettuato dagli uffici finanziari dell'ammontare dell'Iva non versata, determinata solamente sulla base delle fatture di vendita, omettendo di considerare le fatture passive, invece di provvedere alla determinazione dell'imposta dovuta attraverso lo scorporo dall'Iva a debito (relativa alle vendite) di quella a credito (concernente gli acquisti), come prescritto dalla normativa tributaria, essendo, tra l'altro, state poste a disposizione degli accecatori le scritture contabili, nelle quali le operazioni di acquisto erano state regolarmente annotate. Tale lacuna assumeva particolare rilevanza ai fini del superamento della soglia di rilevanza penale della condotta, che non poteva dirsi certo. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. Va premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di reati tributari, ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva (di cui all'art. 5 D.lgs. 74/2000), è rimesso al giudice penale il compito di accertare l’ammontare dell'imposta evasa, che va determinata sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Sez. 3, n. 38684 del 04/06/2014, relativa a fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva assunto come base di calcolo per determinare l'imposta evasa il solo prezzo di vendita della merce e non anche gli elementi negativi di reddito detraibili; nel medesimo senso, Sez. 3, n. 15899 del 02/03/2016 nonché Sez. 3, n. 35579 del 06/06/2017, nella quale è stato anche precisato che non vi è un onere di specifica allegazione da parte dell'imputato). Ciò posto, nel caso in esame la Corte d'appello aveva ritenuto corretta la determinazione dell'imposta evasa compiuta mediante accertamento induttivo del reddito, condotto esaminando esclusivamente le fatture di vendita emesse nell'anno 2008, senza considerare in alcun modo quelle di acquisto, o, comunque, i costi di esercizio, con la conseguente incompletezza di tale accertamento, che poteva certamente essere compiuto, in mancanza di sufficienti indicazioni nelle scritture contabili, attraverso il metodo induttivo, ma tenendo conto anche dei costi di esercizio, sia pure calcolati utilizzando il medesimo metodo, giacché altrimenti la determinazione dell'imposta dovuta, fondata sui soli ricavi, risulterebbe viziata in eccesso, influenzando negativamente anche la verifica del superamento della soglia di rilevanza penale. Tale aspetto era stato oggetto di specifica censura formulata con l'atto d'appello, alla quale, però, la Corte territoriale aveva omesso di rispondere, ribadendo quanto esposto dal primo giudice circa la sufficienza dell’accertamento compiuto con metodo induttivo, omettendo, però, di rilevarne l'incompletezza e, così, di dare adeguata risposta alle censure formulate con l'atto d'impugnazione, con la conseguente sussistenza del vizio di motivazione. Ne consegue l'accoglimento del ricorso.

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Ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva, l’ammontare dell'imposta evasa va determinata sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili

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