Sì al licenziamento per giusta causa del funzionario di banca (Banco di Sicilia poi Unicredit) che, senza esserne autorizzato, invia messaggi ad altri operatori finanziari (Jp Morgan di New York) «idonei ad ingenerare nell'interlocutore l'affidamento sulla solvibilità» di un cliente. In realtà, un finanziere brasiliano a cui sarebbero stati riconducibili fondi per due miliardi di dollari. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sentenza n. 20521 del 30 luglio 2019, affermando che un simile comportamento esponendo la banca a una «lesione del prestigio e della affidabilità» integra una condotta di «oggettiva gravità». Confermata dunque dalla Sezione lavoro della Suprema corte la decisione presa nel maggio 2010 dalla Corte di appello di Catania. Nessun impatto sulla vicenda ha avuto invece l'assoluzione, in sede penale, del dipendente dalla accusa di "messa in circolazione di titoli contraffatti" e "truffa aggravata". Secondo la Corte territoriale, dunque, la condotta del dipendente non violava soltanto le norme interne della banca (vale a dire l'invio, in violazione della circolare che attribuiva ad altri l'operatività con l'estero, di quattro messaggi Swift, indirizzati a filiali di altre banche e relativi alla disponibilità di fondi per l'ammontare di due miliardi di dollari per conto di un cliente brasiliano) ma a causa dell'inserimento nei messaggi inviati in nome e per conto della banca di «dichiarazioni false e comunque non verificate», aveva ingenerato l'affidamento sulla solvibilità del cliente negli altri istituti finanziari. Non solo, l'esposizione della banca a danni reputazionali «non era stata meramente potenziale» dal momento che l'istituto aveva dovuto chiarire agli investitori di «non poter assumere alcuna responsabilità sulla reale solvenza di un depositante e sulla validità ed autenticità della documentazione depositata presso la filiale di Adrano del Banco di Sicilia, così rettificando le informazioni contenute nel messaggio inviato a firma del funzionario alla JP Morgan di New York». Inoltre, l'aver riposto i bond in un armadio blindato senza contabilizzarli, senza farne cenno alle funzioni superiori e disattendendo le disposizioni antiriciclaggio, «costituiva una grossolana violazione dei basilari doveri di un dipendente bancario». Infine, «la circostanza che non ne fosse derivato un danno alla Banca, non escludeva perciò l'esistenza della giusta causa di licenziamento atteso che la condotta era idonea a concretare un dubbio circa il corretto futuro adempimento della prestazione».