Falsi certificati di origine delle merci: la perdita dell’esenzione daziaria non determina anche quella dell’IVA all’importazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24687 depositata il 3 ottobre 2019, ha ribadito il principio di diritto secondo il quale in caso di falsità di certificati di origine delle merci importate ed inserite in un deposito IVA, la perdita dell’esenzione daziaria conseguente all’accertamento di detta falsità non implica necessariamente anche quella dell’IVA all’importazione, purchè tale imposta venga assolta secondo il modulo dell’inversione contabile all’atto dell’estrazione delle merci dal deposito. IL FATTO L’Ufficio anti frodi europeo effettuava dei controlli su bollette di importazione, rilevando alcune irregolarità concernenti l’introduzione in Italia di silicio metallico, in regime di deposito IVA. Le predette venivano segnalate all’ufficio delle Dogane, che notificava al contribuente interessato un avviso di accertamento suppletivo e di rettifica, con il quale veniva richiesto il versamento dell’imposta pari a quanto dovuto per l’IVA interna nonchè l’applicazione di sanzioni e del dazio antidumping. L’Amministrazione finanziaria riteneva che la merce importata, dichiarata in origine taiwanese fosse invece cinese, in quanto non aveva subito una lavorazione ulteriore tale da far accrescere il valore della percentuale minima richiesta, ai fini della qualifica. Detto provvedimento veniva immediatamente impugnato innanzi alle Commissioni tributarie competenti, che in primo e secondo grado ne rigettavano le doglianze. In particolare, i giudici di appello affermavano che sussisteva l’obbligo di versare l’IVA quale merce irregolarmente importata, posto che l’introduzione nel deposito fiscale era avvenuto sulla base di un certificato di origine falso. Avverso tale pronuncia, la società ricorreva in Cassazione eccependo, tra l’altro, l’illegittimità dell’assimilazione dell’Iva all’importazione a quella interna. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente. I giudici di legittimità, dopo aver richiamato un consolidato orientamento formatosi sul punto, hanno rilevato che la perdita dell’esenzione dal versamento dei dazi, di fatto non implica necessariamente anche quella dell’IVA all’importazione, purché venga assolta secondo il modulo dell’inversione contabile. La ragione, prosegue la Corte, risiede nel divieto di doppia imposizione e nel principio di neutralità dell’imposta. Il primo, nel concreto, impedisce l’applicazione più volte del medesimo tributo in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi; il secondo, invece, assicura che l’imposta gravi effettivamente sul consumatore finale, mediante la previsione di un sistema di deduzione e detrazioni. A tal fine, proseguono i giudici della Corte, è del tutto errato considerare quale nuovo presupposto di imposta la mera dichiarazione di falsità dei certificati di origine delle merci importate ed inserite in un deposito IVA, per far scattare così un nuovo onere contributivo a carico del soggetto interessato, attesa la medesima natura dell’IVA all’importazione rispetto a quella interna. Da qui l’accoglimento del ricorso.

Concordato preventivo biennale: in un video le istruzioni per l’uso

Decreto salva casa: nuovi requisiti di abitabilità

Concordato preventivo forfetari: aggiornato il software

Via libera al Decreto Agricoltura: le misure approvate

Decreto Salva Casa: le novità in arrivo

Influencer inquadrabile come agente di commercio

Carta Dedicata a te: destinatari, requisiti e misura

Decreto Coesione in Gazzetta Ufficiale, le novità in arrivo

Disabili: come cambia la legge 104 dal 30 giugno

Falsi certificati di origine delle merci: la perdita dell’esenzione daziaria non determina anche quella dell’IVA all’importazione

Lascia un commento Annulla risposta

Newsletter

Articoli correlati

Lascia un commento Annulla risposta