Tra i soggetti non obbligati alla fattura elettronica, in questi primi giorni di avvio del nuovo sistema, quelli che, forse, hanno più dubbi su come operare sono gli operatori sanitari e i soggetti in regime forfetario. I medici e, più in generale, i soggetti ed enti che operano nel comparto sanità si sono ritrovati, nel giro di poche settimane e a ridosso dell’entrata in vigore dell’obbligo di e-fattura, con una serie di chiarimenti e norme che hanno cambiato radicalmente la loro posizione nei confronti del nuovo adempimento. Si è passati da un obbligo generalizzato ad uno dimezzato (solo dati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria) per giungere, infine, all’esonero totale dell’e-fattura per le operazioni sanitarie. Ciò, però, non ha fugato tutti i dubbi, anzi ne ha generati ancora di più, pensando, ad esempio, ai casi in cui il cliente fa opposizione alla trasmissione dei dati al sistema TS. I forfetari, invece, pur essendo esonerati dall’emissione delle fatture in formato elettronico, si sono ritrovati con il problema di dover capire come conservare le fatture elettroniche ricevute dai propri cedenti/prestatori. Dal canto suo l’Agenzia delle Entrate con alcuni chiarimenti contenuti nelle FAQ pubblicate sul proprio sito internet tra fine dicembre e i primi di gennaio, non ha certo risolto il problema, anzi, in una di queste risposte ha fatto intendere che scatta l’obbligo di conservazione elettronica in caso di comunicazione al cedente/prestatore del proprio codice destinatario o PEC. Solo a leggere queste poche righe si comprende facilmente che erano necessarie ulteriori precisazioni. L’occasione c’è stata durante il forum organizzato il 15 gennaio dal CNDCEC al quale ha partecipato anche l’Agenzia delle Entrate che, dunque, ha affrontato, tra i tanti aspetti, anche alcuni connessi alle problematiche sopra evidenziate. I nuovi chiarimenti sono sufficienti per dirimere tutti i dubbi? Cerchiamo di dare una risposta a questa domanda analizzando le principali questioni affrontate. Operazioni sanitarie Con la legge di Bilancio 2019 si è cercato di dare seguito alle rassicurazioni fornite al Garante della Privacy in merito al rispetto della disciplina sul GDPR per le operazioni aventi ad oggetto dati sanitari. La questione, molto dibattuta e controversa, ruotava intorno all’obbligo da parte dei soggetti che operano nel campo della sanità (medici, enti sanitari ed altri operatori sanitari) di emettere fattura elettronica o di esserne esonerati in quanto, da un lato i dati sono comunque trasmessi all’Amministrazione finanziaria per il tramite del Servizio TS e, dall’altro - trattandosi di dati “sensibili” - si esporrebbero tali dati a violazioni in materia di privacy. Per tamponare, temporaneamente il problema, in attesa di affrontarlo e risolverlo in maniera definitiva, con la legge di Bilancio 2019, è stato stabilito che, nel 2019, per nessuna operazione sanitaria effettuata da soggetti tenuti a inviare a TS si deve emettere fattura elettronica. Pertanto, solo per il 2019, i predetti soggetti, per le operazioni su cui grava l’obbligo di invio dei dati al Sistema TS, possono continuare ad emettere le fatture come hanno sempre fatto, e cioè su carta. Restavano, però, molti dubbi: ad esempio, non era chiaro se tale esonero valesse solo per le operazioni i cui dati sono trasmessi al Sistema TS o per tutte le operazioni con dati sanitari anche se non inviati a TS. E che fare nel caso di opposizione all’invio dei dati? L’Agenzia delle Entrate prova a dare qualche ulteriore risposta precisando che l’esonero vale per tutte le operazioni sanitarie effettuate dai soggetti tenuti a inviare a TS. Ciò dovrebbe significare che è irrilevante la trasmissione o meno dei dati a TS, ma ciò che conta, ai fini dell’esonero, è che si tratti di operazioni sanitarie. E tale interpretazione dovrebbe essere avvalorata da una ulteriore risposta con la quale è stato specificato che le fatture per spese sanitarie per le quali il paziente ha dato opposizione all’invio delle stesse al sistema TS al momento dell’effettuazione della prestazione sono escluse dagli adempimenti relativi alla fatturazione elettronica. Contribuenti forfetari L’altro gruppo di “confusi” è rappresentato dai contribuenti in regime forfetario. Per loro è stato previsto l’esonero dall’obbligo di emissione della fattura elettronica: possono continuare ad emetterla in formato analogico e, quindi, non c’è alcun obbligo di conservare il documento con modalità digitali. Ma il vero problema si è verificato allorquando si è passato alla gestione del ciclo passivo. Questi soggetti possono intrattenere rapporti d’affari con altri operatori IVA obbligati alla fattura elettronica. Quindi, può capitare che ricevano fatture elettroniche: il problema che si è presentato riguarda la gestione di queste e-fatture passive e, in particolare, le corrette modalità di conservazione delle fatture. L’Agenzia delle Entrate ha reso ancor più dubbia l’intera questione allorquando, in risposta ad una FAQ pubblicata sul proprio sito istituzionale ha affermato che l’obbligo di conservazione elettronica delle fatture passive non sussiste a meno che il soggetto (forfetario) non comunichi al proprio cedente/prestatore la propria PEC o codice destinatario. Pertanto, in questo caso il forfetario - avendo, in qualche modo, espresso la volontà di ricevere e-fatture mediante PEC o codice destinatario - sarebbe “costretto” alla conservazione digitale delle fatture elettroniche ricevute. Ma come comportarsi se, ad esempio, la PEC fosse reperita, in via autonoma, dal proprio cedente/prestatore dagli elenchi pubblici? E, se anche dovesse fornire volontariamente tali dati, scatterebbe l’obbligo di emettere anche le fatture attive in formato elettronico? A queste domande, l’Agenzia delle Entrate prova a dare una risposta affermando che: - il soggetto in regime forfettario non è obbligato a ricevere le e-fatture, quindi è importante che conservi le fatture ricevute in via analogica o via PEC, pur non avendo richiesto al fornitore tale indirizzo, in modo analogico. Consiglia, comunque, di sottoscrivere il proprio servizio gratuito di conservazione, indipendentemente dalla modalità di ricezione delle fatture: in tal modo ci sarà la certezza che le fatture passive saranno conservate per 15 anni senza il rischio di perderle; - il forfetario che fornisce ai propri fornitori l’indirizzo PEC o il codice destinatario può continuare ad emettere, per quanto concerne il ciclo attivo, le fatture in formato cartaceo. Basteranno queste risposte a chiarire tutti i dubbi? Forse no, ma non può passare inosservata l’intenzione e lo sforzo, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di agevolare quanto più possibile i contribuenti in questa prima e delicata fase di transizione al nuovo sistema.