Possono accedere al regime fiscale agevolato per autonomi - regime forfetario le persone fisiche esercenti attività d'impresa e di arti o professioni (art. 1, comma 54, legge n. 190/2014). I requisiti per accedere al nuovo regime così come contenuti nella legge di Bilancio 2023, sono: - soglia dei ricavi per l’accesso, ragguagliati ad anno, non superiore a 85.000 euro, indipendentemente dall’attività esercitata; - spese non superiori a 20.000 euro lordi annui a titolo di lavoro dipendente e per collaboratori. In caso di superamento della soglia di 100.000 euro di fatturato nell’anno stesso, il contribuente uscirà immediatamente dal regime con conseguente applicazione dell’IVA a partire dall’operazione che ha comportato il superamento della soglia. I soggetti che aderiscono al regime agevolato non addebitano l’IVA in fattura ai propri clienti e non detraggono l’IVA sugli acquisti, conseguentemente non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione IVA annuale. Non assumono inoltre la veste di sostituti d’imposta ai sensi dell'art. 1, comma 69, legge n. 190/2014, dunque sono anche esclusi dai relativi adempimenti corrispondenti (invio Certificazione Unica e presentazione del modello 770). Nel caso in cui venissero erroneamente operate ritenute da parte del sostituto d'imposta, il contribuente in regime agevolato può: - scomputarle dall'imposta sostitutiva o dall'IRPEF mediante indicazione nel modello Redditi PF; - chiederle a rimborso, con le modalità di cui all'art. 38, D.P.R. n. 602/1973. Cosa accade invece nel caso in cui le ritenute vengano omesse da parte del contribuente che non ha più i requisiti per permanere nel regime agevolato? Questo è quanto viene chiarito nella risposta a interpello n. 245 dell’8 marzo 2023. Il caso sottoposto alle Entrate Nella sua veste di sostituto di imposta l’istante ha corrisposto compensi a un lavoratore autonomo per attività di servizi dal 1° gennaio 2021 fino a ottobre 2022. A tale riguardo domanda all’Ufficio quale comportamento adottare in relazione alle ritenute d’acconto non operate per il suddetto periodo. Il lavoratore autonomo, infatti, si era accorto solo nel corso del 2022 di non avere più i requisiti che gli permettessero di permanere nel regime agevolato, venuti meno già a partire dall’anno di imposta 2021. Difatti lo stesso ha dichiarato: - di avvalersi del regime forfetario istituito con legge n. 190/2014 sia nell’anno di imposta 2021 che nel 2022, pertanto di aver fatturato senza l’applicazione dell’IVA e delle ritenute di acconto; - il superamento del limite dei ricavi a partire dall'anno d'imposta 2021 e per tale motivo ha emesso: a) per i compensi fatturati nel 2021 e corrisposti nel medesimo anno, una nota di variazione in aumento per l’IVA ai sensi dell’art. 26, comma 1, D.P.R. n. 633/1972; b) per i compensi fatturati nel 2021 e nel 2022 in regime forfetario e corrisposti nel 2022, note di credito a storno delle suddette fatture in regime forfetario, e l’emissione delle fatture corrette in regime ordinario (con esposizione di IVA e ritenuta d'acconto). Le istruzioni delle Entrate Al riguardo, l’Ufficio con le risposte a interpello n. 499 e n. 500 del 26 novembre 2019 ha chiarito che è possibile rimediare all'indebita fruizione del regime forfetario adottando una delle seguenti modalità: - emettendo e trasmettendo al committente delle note di variazione in aumento, al fine di integrare le fatture originarie con l’IVA (da versare all'erario) e ritenuta d'acconto; - emettendo e trasmettendo al committente delle note di variazione in diminuzione, a storno delle fatture originarie ed emettendo nuove fatture, in sostituzione delle precedenti, indicando l’IVA di rivalsa e ritenuta di acconto. Per il periodo di imposta 2021 l’Agenzia delle Entrate ritiene che l'istante, operando come sostituto d’imposta, non debba eseguire il versamento delle ritenute d'acconto non operate, né presentare le Certificazioni Uniche e il modello 770/2022 integrativo. Ciò nel presupposto che i compensi fatturati e percepiti dal collaboratore nel 2021 siano stati correttamente dichiarati dallo stesso collaboratore (anche mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa ai fini delle imposte sul reddito ed IVA) e siano state corrisposte le relative imposte, interessi e sanzioni tramite ravvedimento operoso. In relazione invece ai compensi corrisposti nel 2022, per i quali il collaboratore dovrebbe aver già emesso note di credito a storno delle predette fatture, e riemesso fatture in regime ordinario con l’indicazione dell’IVA e della ritenuta d'acconto, la stessa Agenzia è dell'avviso che l'istante in veste di sostituto debba operare, seppur tardivamente, le ritenute d'acconto e versarle con le maggiorazioni previste a titolo di interesse e presentare inoltre i modelli relativi a Certificazioni Uniche e 770 inserendo i dati corretti. Sotto il profilo sanzionatorio Con specifico riferimento alle sanzioni l’Ufficio ritiene che il collaboratore (lavoratore autonomo) sia responsabile delle sanzioni per le ritenute non versate o versate tardivamente. Dunque, nel caso in cui effettivamente il sostituto d’imposta sia in grado di dimostrare che, osservando la normale diligenza, non sarebbe stato in grado di verificare che il collaboratore era privo dei requisiti - oltretutto attestati con una specifica dichiarazione - per applicare il regime forfetario, lo stesso può ritenersi non responsabile delle violazioni finora descritte e, conseguentemente, delle sanzioni ad esse relative. Sul tema l’Agenzia (circolare 10 luglio 1998, n. 180/E) cita l'art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997 che esclude la responsabilità quando l'errore non è determinato da colpa. Se esso dipende da imprudenza, negligenza o imperizia, non rileva ai fini dell'esclusione della responsabilità, ma se il contribuente ha osservato la normale diligenza nella ricostruzione del fatto, non si applicheranno sanzioni nei suoi confronti.