Anche per il periodo d’imposta 2023, la soglia di tassazione dei fringe benefit a favore dei lavoratori dipendenti (con figli fiscalmente a carico) sale a 3.000 euro. Nell’agevolazione rientrano anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale. Quanto vale il risparmio fiscale? Chi Lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico (art. 12, comma 2, TUIR), compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati. Si considerano fiscalmente a carico i figli con reddito complessivo (computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica), non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a 24 anni il limite di reddito complessivo è elevato a 4.000 euro. Per i lavoratori dipendenti diversi da quelli sopra indicati (per esempio, lavoratore dipendente senza figli) resta ferma l’applicazione della soglia ordinaria pari a 258,27 euro (art. 51, comma 3, TUIR). Si ricorda che rientrano nella nozione di reddito di lavoro dipendente anche i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge del lavoratore o ai familiari indicati nell’art. 12 TUIR, nonché i beni e i servizi per i quali venga attribuito il diritto di ottenerli da terzi (art. 51, comma 3, TUIR). La disposizione si applica anche ai titolari di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente per i quali il reddito è determinato secondo le disposizioni contenute nell’art. 51 TUIR (circolare 4 novembre 2022, n. 35/E, par. 1). Cosa Limitatamente al periodo d'imposta 2023, viene confermata a 3.000 euro la soglia entro la quale il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti (fringe benefit) non concorre a formare il reddito (art. 40, comma 1, D.L. n. 48/2023 - decreto Lavoro). La norma, sempre limitatamente all’anno 2023 ed entro il limite complessivo della soglia (3.000 euro), prevede, inoltre, che rientrano nell’agevolazione anche “le somme erogate o rimborsate ai medesimi [lavoratori dipendenti con figli a carico] dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale”. A proposito delle utenze, è stato chiarito che queste devono “riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese” (circolare 4 novembre 2022, n. 35/E, par. 2.1). La soglia di non imponibilità non costituisce una franchigia e, quindi, “nel caso in cui, in sede di conguaglio, il valore dei beni o dei servizi prestati, nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, risultino superiori al predetto limite, il datore di lavoro deve assoggettare a tassazione l’intero importo corrisposto”, vale a dire anche la quota di valore inferiore al limite di 3.000 euro (circolare n. 35/E/2022, par. 2.2). Inoltre, per l'anno 2023, il valore dei buoni benzina o di analoghi titoli per l'acquisto di carburanti ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti, nel periodo dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, non concorre alla formazione del reddito del lavoratore, se di importo non superiore a 200 euro per lavoratore (art. 1, comma 1, D.L. n. 5/2023). L'esclusione dal concorso alla formazione del reddito del lavoratore, “non rileva ai fini contributivi”. Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito d’impresa comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori (art. 95 TUIR). Come Ai fini della determinazione in denaro dei valori in natura, “si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell'articolo 9. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista” (art. 51, comma 3, TUIR). Il reddito da assoggettare a tassazione è pari al valore normale soltanto se il bene è ceduto o il servizio è prestato gratuitamente; se, invece, per la cessione del bene o la prestazione del servizio il dipendente corrisponde delle somme (con il sistema del versamento o della trattenuta), è necessario determinare il valore da assoggettare a tassazione sottraendo tali somme dal valore normale del bene o del servizio. Pertanto, la verifica che il valore sia non superiore complessivamente nel periodo d'imposta agli importi indicati, va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e, quindi, al netto di quanto il dipendente ha corrisposto (con il metodo del versamento o della trattenuta e comprensivo dell'eventuale IVA a carico del dipendente) per tutti i beni o servizi di cui ha fruito nello stesso periodo d'imposta, tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente intrattenuti nel corso dello stesso periodo d'imposta (circolare 23 dicembre 1997, n. 326, par. 2.3.1.). I beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2023 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di 200 euro per uno o più buoni benzina più un valore di 3.000 euro per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina) nonché per le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Inoltre, atteso che il bonus carburante ai fini della tassazione è ricondotto nell’ambito di applicazione dell’articolo 51, comma 3, ultimo periodo, del TUIR, si osserva che se il valore in questione è superiore a 200 euro, lo stesso concorre interamente a formare il reddito ed è assoggettato a tassazione ordinaria (circolare n. 35/E/2022, par. 3.). Il valore totale dei benefit - che vale anche con riferimento ai beni che sono indicati nel comma 4 dell’art. 51 (che prevede specifici criteri di forfettizzazione) - cui può fruire il lavoratore in esenzione da imposta è pari, quindi, a 3.200 euro, di cui 200 euro per uno o più buoni benzina e 3.000 euro per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina) . Quando L’agevolazione si applica limitatamente all’anno d’imposta 2023. A tal fine, si osserva che ai sensi dell’art. 51, comma 1, TUIR, si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono (c.d. principio di cassa allargato). Sulla base al principio di cassa, che presiede alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, la retribuzione deve essere imputata in relazione al momento di effettiva percezione della stessa da parte del lavoratore e il momento di percezione è quello in cui il provento esce dalla sfera di disponibilità dell’erogante per entrare nel compendio patrimoniale del percettore (risoluzione 14 agosto 2020, n. 46/E; circolare 23 dicembre 1997, n. 326). Tale principio si applica sia con riferimento alle erogazioni in denaro, sia con riferimento alle erogazioni in natura mediante l’assegnazione di beni o servizi (circolare 14 luglio 2022, n. 27, par. 2). In tema di benefit erogati mediante voucher è stato precisato che il benefit si considera percepito dal dipendente, ed assume quindi rilevanza reddituale, nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere dal fatto che il servizio venga fruito in un momento successivo (circolare 29 marzo 2018, n. 5/E). Calcola il risparmio Attribuendo ai propri dipendenti beni e servizi gratuiti, il datore di lavoro, anche se di medie-piccole dimensioni (purché non forfetario), può riconoscere ai dipendenti un’integrazione della retribuzione che, essendo esclusa dalla base imponibile fiscale e contributiva del dipendente medesimo, consente un risparmio complessivo che si traduce in un maggior potere d’acquisto per il dipendente rispetto alla scelta di erogare una corrispondente indennità in denaro in busta paga. Risparmio % Caso n. 1 Un datore di lavoro persona fisica con partita IVA assegna ai dipendenti fringe benefit per un valore di 3.000 euro. Tali importi sono esclusi da IRPEF e dalla base imponibile contributiva. Pertanto, per il dipendente si tratta di un’integrazione effettiva della retribuzione. Per il datore di lavoro il costo è integralmente deducibile. Ipotizzando che per il datore di lavoro l’aliquota marginale sia pari al 43% (oltre a IRAP del 3,9%), il costo effettivo per il datore di lavoro è pari a: - costo: 3.000 - risparmio fiscale: 1.407 (3.000 x 46,9%) - costo effettivo: 1.593 In pratica, quindi, con una spesa pari a 1.593 il datore di lavoro ha incrementato la retribuzione del dipendente per un importo di 3.000 euro (incremento retribuzione/spesa: 188%). Se il datore di lavoro incrementasse la retribuzione di 3.000 euro, le somme sarebbero integralmente soggette a tassazione contributiva e fiscale. Valore dell’indennità in busta paga: 3.000 Oneri previdenziali sull’incremento di retribuzione (si ipotizza un’aliquota del 31%): 930 (3.000 x 31%) Costo: 3.930 Per il datore di lavoro il costo è integralmente deducibile. Ipotizzando che per il datore di lavoro l’aliquota marginale sia pari al 43% (oltre a Irap del 3,9%), il costo effettivo sarebbe pari a: - costo: 3.930 - risparmio fiscale: 1.843,17 (3.930 x 46,9%) - costo effettivo: 2.086,83 Risparmio %: 23,6% Per il dipendente l’onere fiscale (ipotizzando un’aliquota marginale del 35%) e contributivo (ad esempio del 9%) sarà pari a: - onere contributivo: 270 (3.000 x 9%) - onere fiscale: 955,5 [(3.000 - 270) x 35%] - incremento effettivo: 1.774,5 (3.000 - 270 - 955,5) In pratica, quindi, con una spesa pari a 2.086,83 il datore di lavoro ha incrementato la retribuzione dei dipendenti di un importo di 1.774,5 euro (incremento retribuzione/spesa: 85%). Caso n. 2 Nel caso di società di capitali, la situazione sarebbe la seguente: - costo: 3.000 - risparmio fiscale: 837 (3.000 x 27,9%) - costo effettivo: 2.163 Con una spesa pari a 2.163 il datore di lavoro ha incrementato la retribuzione del dipendente per un importo di 3.000 euro (incremento retribuzione/spesa: 139%). Se il datore di lavoro incrementasse la retribuzione di euro 3.000, le somme sarebbero integralmente soggette a tassazione contributiva e fiscale. Valore dell’indennità in busta paga: 3.000 Oneri previdenziali sull’incremento di retribuzione (si ipotizza un’aliquota del 31%): 930 (3.000 x 31%) Costo: 3.930 Per il datore di lavoro il costo è integralmente deducibile. Ipotizzando che per il datore di lavoro l’aliquota marginale sia pari al 43% (oltre a Irap del 3,9%), il costo effettivo sarebbe pari a: - costo: 3.930 - risparmio fiscale: 1.096,47 (3.930 x 27,9%) - costo effettivo: 2.833,53 Risparmio %: 23,6%