La Sezione Tributaria Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 26016 del 15 ottobre 2019, ha disposto il rinvio al Primo Presidente per la rimessione alle Sezioni Unite della questione concernente la possibile rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’ICI, della compensazione urbanistica intervenuta su un’area assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta da legge regionale (area di decollo), per la quale però non è stato ancora individuata il suolo ove dovrà essere trasferita la condizione di edificabilità (area di atterraggio), cessata sull’immobile iniziale. IL FATTO Un comune recuperava a tassazione l’Ici nei confronti di una società, per il p.i. 2005. Il provvedimento veniva immediatamente impugnato, innanzi alla Commissione tributaria provinciale, eccependo l’insussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’imposta. In primo luogo, veniva evidenziato che l’area era inserita all’interno di un parco regionale e dunque non edificabile; inoltre non poteva trovare applicazione l’istituto della compensazione urbanistica ai fini ICI, in quanto la cosiddetta “area di arrivo” non era di proprietà della contribuente. Le doglianze venivano accolte, ma la decisione era completamente riformata dai giudici di appello, i quali pur riconoscendo l’inserimento dell’area nel parco regionale, hanno rilevato la sussistenza del requisito dell’edificabilità e dunque della tassazione ai fini ICI, in virtù dell’inserimento dell’area all’interno del programma di compensazione urbanistica adottato dal Comune interessato. Tale istituto consente di separare la condizione di edificabilità dell’immobile interessato, sospendendola nella cosiddetta condizione di “in volo”, fino all’individuazione del terreno di “atterraggio”, ove la predetta verrà formalmente applicata e, rileverà ai fini fiscali. Avverso detta sentenza la contribuente proponeva ricorso in Cassazione. L'ORDINANZA INTERLOCUTORIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha disposto la rimessione al Primo Presidente della Corte della questione, a fronte dell’evidente contrasto giurisprudenziale. I giudici di legittimità, infatti, hanno rilevato la sussistenza di due distinti orientamenti. Il primo ritiene che ai fini ICI, rileva l’edificabilità in astratto del suolo, ossia la sua potenzialità edificatoria, anche non immediatamente attuabile, purchè inserito in un piano regolatore generale del Comune, indipendentemente dall’approvazione regionale e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. Un secondo orientamento giunge a conclusioni contrarie sul presupposto del crescente rilievo delle nuove tecniche di pianificazione urbanistica, legate all’istituto della perequazione urbanistica. Ciò nell’impossibilità di considerare i diritti edificatori alla pari dei diritti reali, scollegabili del bene e cedibili. Essi invece sono assimilabili ad un rapporto di credito tra contribuente ed amministrazione che, per potersi concretizzare richiede la titolarità di un immobile ove riversare la quantità volumetrica individuata. Infatti, secondo l’art. 2 del DLgs 504/1992, l’applicazione dell’ICI richiede la presenza di un’area utilizzabile a scopo edificatorio e non di un credito edificatorio in attesa di assegnazione ad un’individuata volumetria. E’ evidente che le cosiddette aree di compensazione non possono essere assimilate a quelle fabbricabili, ove sono presenti il requisito oggettivo, il possesso dell’immobile, e quello soggettivo ossia la proprietà e la titolarità di altro diritto reale su un’area fabbricabile. Da qui l’invio al Primo Presidente, per la rimessione alle Sezioni Unite.