La Corte di Cassazione sembra aver ormai assimilato la nuova formulazione dell’art. 20 del DPR 131/86, come risultante dopo le modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2018 e le sue implicazioni. Lo dimostra un’ordinanza depositata il 22 maggio 2023 (Cass. 22 maggio 2023 n. 14004), secondo cui non è possibile utilizzare l’art. 20 del DPR 131/86 per riqualificare un atto di cessione di fabbricato destinato ad albergo, in cessione di terreno edificabile, valorizzando elementi estranei al contratto, come, ad esempio, la richiesta del permesso di costruire da parte dell’alienante, con previsione della demolizione e della ricostruzione del fabbricato. La pronuncia ripercorre attentamente l’evoluzione normativa e consente di comprendere l’attuale quadro. Prima del 2018, l’art. 20 del DPR 131/86 sanciva che l’imposta di registro si applicava “secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”. Tale formulazione, per più di un decennio, è stata il pilastro di un orientamento giurisprudenziale che la utilizzava per riqualificare gli atti da assoggettare a imposta di registro sulla base della “causa reale” degli atti medesimi, ovvero, talvolta, mettendo in collegamento anche molteplici atti, valorizzando gli effetti economici dell’operazione complessivamente realizzata. In un primo momento, questo orientamento aveva sostenuto la natura antielusiva (Cass. n. 14900/2001) della riqualificazione, ma, in un secondo momento, aveva corretto l’impostazione, affermando la natura meramente interpretativa di questa riqualificazione (Cass. n. 7335/2014; Cass. n. 19752/2013). Con la legge di bilancio 2018 (art. 1 comma 87 della L. 205/2017), la norma è stata riscritta, al dichiarato scopo di limitare questo orientamento, che finiva per legittimare operazioni di riqualificazione degli atti fondate sugli effetti economici dell’operazione, senza applicare le garanzie procedurali imposte dalla normativa antielusiva (contraddittorio endoprocedimentale). Quindi, per effetto della legge di bilancio 2018, l’art. 20 del DPR 131/86 (la cui natura retroattiva è stata sancita dall’art. 1 comma 1084 della L. 145/2018) oggi prevede che l’imposta di registro si applichi “secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati”. L’intervento legislativo – spiega la Cassazione – ha reso impossibile l’utilizzo dell’art. 20 del TUR quale parametro per risolvere le eventuali discrepanze tra effetti negoziali ed effetti sostanziali dell’atto da registrare”. Ma la giurisprudenza non si è arresa: la norma è stata portata all’esame della Corte Costituzionale ben due volte. La Consulta, con le pronunce n. 158/2020 e 39/2021 ha respinto i rilievi di incostituzionalità, ristabilendo i rapporti tra interpretazione degli atti e normativa antielusiva. È stato chiarito, infatti, che, mentre l’art. 20 del DPR 131/86, in quanto norma di interpretazione, consente di esaminare solo l’atto portato alla registrazione, senza poter guardare ad elementi estranei o atti collegati, l’art. 10-bis della L. 212/2000, richiamato dall’art. 53-bis del DPR 131/86, consente di effettuare una più ampia indagine antiabuso degli atti, considerando anche elementi estranei. Anche l’Agenzia delle Entrate ha ormai recepito la nuova formulazione normativa e le sue implicazioni, avendo affermato, nella risposta a interpello n. 371/2020 che la ratio del nuovo art. 20 è proprio quella di circoscriverne l’ambito applicativo al contenuto del singolo atto sottoposto a registrazione evitando che elementi non espressi o desumibili da atti estranei possano essere presi in considerazione al fine di individuare il trattamento fiscale corretto. Alla luce di tutti questi elementi e del quadro normativo così illustrato, la Suprema Corte conclude, quindi, affermando che, posto che l’imposta di registro deve essere “applicata in relazione alla natura ed agli effetti giuridici del singolo atto da registrare, indipendentemente dal titolo dalla forma apparente, prendendo in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso (intesi quali effetti giuridici del negozio veicolato nel documento)“, non si possono considerare elementi estranei all’atto, che “possono assumere rilievo solo ed esclusivamente ai sensi dell’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente con le relative garanzie procedurali”. Pertanto, nel caso di specie, non era legittimo fondare la riqualificazione del contratto di cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreno edificabile sull’art. 20 del DPR 131/86, in quanto tale norma (diversamente dalle norme civilistiche sull’interpretazione del contratto) non consente di fare riferimento a nessun elemento estraneo all’atto.