La Corte di Giustizia UE è stata interpellata nella causa C-179/18 in merito all’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con lo Statuto dei funzionari dell’Unione europea stabilito dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione. IL FATTO La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra un pensionato e il Federale Pensioendienst (Servizio pensionistico federale, Belgio) in merito al rifiuto di tale organismo di prendere in considerazione il periodo di durata del servizio militare obbligatorio compiuto dall’interessato per il calcolo della sua pensione di vecchiaia quale lavoratore dipendente. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE La Corte di Giustizia dell’Unione Europea rileva che il diritto dell’Unione non pregiudica la competenza degli Stati membri a organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, spetta alla legislazione del singolo Stato membro determinare le condizioni per la concessione delle prestazioni in materia previdenziale. Tuttavia, resta fermo che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione, che comprende i principi stabiliti dalla Corte nella propria giurisprudenza relativa all’interpretazione del principio di leale cooperazione in combinato disposto con lo Statuto. Nel caso in esame, la normativa dello Stato membro presa in esame, ha per effetto di privare il lavoratore che ha compiuto il suo servizio militare obbligatorio in tale Stato membro, mentre era funzionario dell’Unione, del beneficio dell’assimilazione del periodo passato sotto le armi ad un periodo di lavoro effettivo, beneficio al quale avrebbe diritto se avesse esercitato, nel momento in cui è stato chiamato a prestare tale servizio o nel corso dei tre anni successivi al congedo dal servizio militare, un lavoro rientrante nel regime pensionistico di tale Stato membro o, un lavoro in un altro Stato membro. Tale normativa potrebbe dissuadere un lavoratore che svolge un lavoro rientrante nel regime pensionistico dello Stato membro interessato dal divenire funzionario dell’Unione prima di aver compiuto il suo servizio militare obbligatorio o durante i tre anni successivi allo stesso. Alla luce di quanto rilevato la Corte di Giustizia UE dichiara quindi che, una normativa di uno Stato membro, non può negare, a un lavoratore che era impiegato come lavoratore dipendente in tale Stato membro prima di divenire funzionario dell’Unione europea e che ha compiuto, una volta divenuto funzionario, il suo servizio militare obbligatorio in detto Stato membro, il beneficio dell’assimilazione del periodo passato sotto le armi ad un periodo di lavoro effettivo come lavoratore dipendente, beneficio al quale avrebbe diritto se avesse svolto, nel momento in cui è stato chiamato a prestare tale servizio o durante almeno un anno nel corso dei tre anni successivi al congedo dal servizio militare, un lavoro rientrante nel regime pensionistico nazionale.